Un servitore con il saio

Fra Francesco Grassi, 28 anni, si è fatto diacono per servire i fratelli in umiltà e letizia

Mezzolombardo, 28 giugno – Sembra quasi un passaggio di consegne, mentre è soprattutto un gesto paterno, affettuoso: l'anziano vescovo di origini trentine, che proprio 51 anni fa si faceva prete, impone le mani sul capo del giovane confratello francescano che fra un anno diventerà sacerdote. E poi lo abbraccia due volte felice, stringendolo forte, a esprimere riconoscenza, ma anche incoraggiamento.

Per ordinare diacono fra Francesco Grassi, 28 anni, il vescovo ausiliare di Lima mons. Adriano Tomasi è venuto apposta “quasi dalla fine del mondo”, come osserva felicemente fra' Francesco Patton, il provinciale dei Francescani. E nell'omelia, esigente nel richiamare la “donazione totale” richiesta ad ogni diacono, Tomasi si lascia andare “al tramonto del mio servizio episcopale” a questa confessione: “Mi è capitato spesso nelle rumorose ordinazioni diaconali in Perù di sognare quando avrei potuto ordinare anche un giovane del mio Trentino. Oggi il Signore con la sua grazia ha realizzato questo sogno”.

Dopo l'”eccomi” scandito con sicurezza da fra' Francesco, la commozione è trattenuta per non togliere profondità alla prostrazione e all'invocazione dello Spirito, quando le litanie dilatano la comunione ecclesiale: s'invoca San Vigilio, patrono di Trento ma anche Sant'Udalrico, patrono di Lavis, dove fra Francesco vive e da dove è arrivato il parroco don Vittorio Zanotelli; si ricorda Santa Chiara nel cui monastero di Borgo Valsugana pregano le sorelle clarisse, ma anche San Bernardino, il convento di via Grazioli dove Grassi incontrò il compianto fra Tarcisio Torboli, allora parroco, che ne ha accompagnato “da fratello e amico” il discernimento vocazionale. Non a caso, fra' Francesco oltre al saio indosserà la stessa dalmatica – la tunica liturgica propria del diacono – che apparteneva a fra Tarcisio in un legame spirituale senza tempo.

“So che sei sei qui….” il canto contemplativo della Corale San Francesco valorizza il significato personale ed ecclesiale di una vita matura, ora donata al servizio, nello stile di Francesco, “umile e piena di allegria”, come aveva osservato il vescovo Tomasi. Ai confratelli, alla famiglia e alle comunità si rivolge il novello diacono (“la mia sinfonia”, aveva detto da buon musicista a Verona qualche mese fa per la professione solenne), con un “laudato si', mi Signore” per “il dono del vostro sostegno nel cammino della mia vita con ascolto sincero fatto di parole e anche di silenzio”. E poi, guardando i giovani, i confratelli postulanti e i seminaristi, i parrocchiani e i cantori del coro monte Iron, affida il suo principale grazie a Gesù: “Hai bussato alla porta della mia vita, conquistandomi e guidandomi ogni giorno verso di te”.

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