Il respiro corto delle scelte europee

La politica è la grande assente. Quella alta, quella che sa dare una prospettiva e una speranza, e che dovrebbe imporre un concordato con la Grecia

È meglio il fallimento o un concordato che lo eviti, almeno sul piano formale? Sembra che l’estenuante trattativa tra la cosiddetta troika (Fondo Monetario Internazionale – Banca Centrale Europea – Unione Europea) e la Grecia sia ormai giunta a questo bivio. Si tratta di una scelta per alcuni aspetti drammatica, ma ormai il 20 luglio, data in cui i greci dovrebbero restituire un po’ dei miliardi, più di otto, ottenuti in prestito, è qui. Le trattative tra la Grecia, che con referendum ha affermato che vuole rimanere in Europa ma non vuole essere strangolata dalle politiche monetarie decise soprattutto dai tedeschi, e l’Unione Europea si fanno in queste ore sempre più serrate. Il premier greco, quale segno di buona volontà, ha “sacrificato” il suo contestato ministro delle Finanze, Yaris Varoufakis, e adesso si aspetta non solo una disponibilità a “ristrutturare” il debito, ma un preciso segnale politico che, in qualche modo, rimetta in discussione la politica di austerità fin qui portata avanti da Bruxelles.

La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha subito messo le carte in chiaro sostenendo che i Trattati europei non contemplano alcun azzeramento dei debiti, i prestiti vanno onorati. Insomma nulla sembra cambiare rispetto alle argomentazioni sostenute in questi ultimi mesi e soprattutto rispetto al referendum greco, che, per i tedeschi, sembra sia solo acqua che scorre veloce sul vetro senza lasciare traccia.

Intanto l’idea stessa di Europa sembra stia per andare a rotoli non per gli attacchi dei Le Pen, dei Salvini o dei molteplici movimenti anti-europeisti, ma piuttosto per l’incapacità di questa classe politica a gestire problemi come quello greco.

È vero che i greci non hanno attuato alcune riforme chieste dalla Ue come quelle previdenziale e fiscale, ma è altrettanto vero che non è cacciando la Grecia dall’Europa che si risolvono i problemi. Forse apparentemente e forse per qualcuno, in realtà si avverte l’insufficienza delle politiche, purtroppo solo quelle legate alla moneta unica, attuate in questi anni dai vertici europei.

La politica è la grande assente. Quella alta, quella che sa dare una prospettiva e una speranza, quella che non lascia nessuno indietro; oggi si avverte, in maniera drammatica, il respiro corto delle scelte europee. Oggi, se la prospettiva europea deve avere ancora un senso, impone se non altro un concordato con la Grecia. Un accordo che non sia un vincolo meramente monetario, ma che contempli anche le condizioni per una crescita e un sostegno sul piano delle riforme cosiddette strutturali a cominciare da quella fiscale. Non è possibile che i ricchissimi armatori greci, ad esempio, non paghino uno straccio di tassa al fisco. E non è nemmeno possibile che tutto il carico fiscale sia sulle spalle dei dipendenti pubblici. Con la Grecia va dunque cercato un minimo di accordo politico che consenta a questo Paese di poter guardare serenamente avanti.

La crisi greca dovrebbe, in ogni caso, obbligare tutti ad alcune riflessioni. La prima è che l’Europa deve darsi politiche di bilancio e politiche economiche comuni, altrimenti la diversità dei singoli Paesi è destinata, nel bene o nel male, a prevalere sul disegno più ampio. Questo vale da una parte per la Germania, che vede negli altri Stati una sorta di paesi “vassalli” e che aspira a essere la vera dominatrice del disegno europeo, e dall’altra per la Grecia, ma si potrebbero elencare altri Paesi in condizioni quasi simili, che non viene per nulla aiutata a superare gli squilibri e le resistenze interne.

La seconda riflessione è che senza una politica più ampia si rischia di appaltare tutto alla politica monetaria che non fa altro che arricchire chi è già ricco. Le banche europee, tedesche e francesi in prima linea, concedono prestiti, in questo caso alla Grecia, a tassi che superano la doppia cifra che vengono in realtà pagati dai fondi strutturali messi in campo dalle autorità di Bruxelles. Così si vanno ad arricchire gli istituti bancari e alla Grecia, sommersa dall’ammontare dei tassi di interesse da pagare, rimane ben poco. La prima ipotesi di accordo che si sta in queste ore raggiungendo a Bruxelles prevede la concessione alla Grecia di un pacchetto di miliardi che servirà a pagare i creditori tedeschi e francesi. Alla Grecia non rimarrà quasi nulla. È il classico caso del gatto che si morde la coda.

La terza riflessione ci riporta fatalmente all’ultima enciclica di Papa Francesco, dove rileva con estrema acutezza, discorso già iniziato con la Evangelii Gaaudium, i limiti “strutturali” del sistema capitalistico nel momento in cui l’unica regola è dettata dal mercato e non dal desiderio di giustizia dei popoli. Ancora una volta il richiamo forte alla necessità di classi politiche che siano concretamente al servizio delle comunità e non solo di poche élite.

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