Grecia: è solo il primo round

La situazione che si era creata non lasciava vie di scampo: la Grecia doveva essere “messa in riga” pena altrimenti la dissoluzione delle capacità di coordinamento in capo all’Unione Europea

Si sprecano i commenti sull’accordo che si è raggiunto a Bruxelles sulla situazione greca. Non tutti sono sostenuti da argomenti seri, anzi prevalgono le fantasie interpretative. Tuttavia è presto per considerare comunque conclusa la vicenda: non solo perché bisognerà vedere se il parlamento greco approva le leggi richieste, con quali maggioranze e in che tempi, ma perché sarà necessario constatare se le riforme introdotte poi funzionano nel prosieguo del tempo. Con una amministrazione pubblica non proprio brillante come quella greca e con una inveterata abitudine a vivere senza regole stringenti, non sarà semplice.

Non lo diciamo per scarsa fiducia nei greci, ma per il realismo che ci deriva dall’essere italiani: sappiamo benissimo come nel nostro paese trovano applicazioni molte leggi, a cominciare da quelle della lotta all’evasione fiscale.

Dunque sarà ancora una vicenda lunga e le somme andranno tirate fra un bel po’. Intanto accontentiamoci di cercar di capire perché si è arrivati al punto attuale, lasciando da parte la quantità di stupidaggini con cui commentatori più o meno interessati hanno cercato di inquadrare i fatti.

Partiamo dalla diatriba sui “cattivi” tedeschi, cattivi perché protestanti, rigoristi, e via elencando. In realtà la questione è molto più semplice: le relazioni internazionali sono regolate da rapporti di forza e ogni governo risponde alle proprie opinioni pubbliche specie quando si avvicinano le elezioni (come sarà l’anno prossimo in Germania). Ora la cancelliera Merkel non può ignorare che si trova alla testa di un paese divenuto molto potente e che di conseguenza non può accettare l’idea di essere considerato un gigante coi piedi d’argilla. È una donna politica abile, non esente da capacità manovriere (la stampa tedesca ha coniato per il suo stile il vocabolo significativo di “merkiavellismus”), ma che non poteva certo concedere un trionfo ad una componente politica che l’aveva dipinta come l’erede dei nazisti.

A questo elemento ne va aggiunto un altro su cui si sorvola con troppa superficialità. Consentire al giocatore di poker Tsipras di portare a casa un successo avrebbe avuto un effetto di ricaduta pericolosa in tutta la UE, dove abbondano i movimenti populisti che indicano nell’adesione alle regole europee l’origine di tutti i mali. È su questo terreno che Merkel è riuscita a compattare praticamente tutti i paesi dell’eurozona, a prescindere dalle prese di posizione di facciata.

Chi scrive ora che con quel che si è fatto sulla Grecia la UE è andata in crisi, dovrebbe spiegarci come poteva evitare di andarci se avesse accettato che un paese membro si facesse beffe di tutti gli altri, che per di più gli avevano prestato una cospicua quantità di denari.

Certo la soluzione trovata è piuttosto ipocrita, perché immagina che la Grecia possa risollevarsi aderendo ad una cura draconiana senza intaccare il debito folle che le si è lasciato sottoscrivere. Perché anche questo va ricordato: i greci non è che abbiano sottratto i quattrini nottetempo dai forzieri della BCE, li hanno ottenuti con patti sottoscritti, evidentemente alla leggera, da creditori che non hanno saputo prevedere quel che sarebbe successo.

Tuttavia la situazione che si era creata non lasciava vie di scampo: la Grecia doveva essere “messa in riga” pena altrimenti la dissoluzione delle capacità di coordinamento in capo all’Unione Europea. Oggi si può senz’altro discutere se queste capacità siano state e soprattutto se saranno all’altezza della situazione, ma si può provare a farlo solo a patto esista una possibilità di sanzione per chi rompe il patto para-federativo.

Tspras e compagni si sono rivelati come maldestri apprendisti stregoni che hanno liberato demoni che poi non erano in grado di tenere sotto controllo. Li hanno rovinati anche i disinvolti e poco lungimiranti fan che hanno trovato in Europa, perché hanno dato loro l’illusione di avere una forza che non avevano.

Detto questo, la partita è lontano dall’essere conclusa. Per la ripartenza della Grecia non basteranno i prestiti, pur significativi, perché sarà necessario un decollo economico che è possibile solo con un intervento di investitori interni ed esterni, cioè con un qualcosa che difficilmente si realizza in un contesto di esaltazioni populiste e di irresponsabilità politiche.

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