Dove l’acqua scorre sulla traccia di un’antica frana

Qui i geologi sono di casa perché la varietà delle rocce è straordinaria

Si trovano a quota 2011 sul livello del mare al culmine della Val San Nicolò, perla del territorio comunale di Pozza di Fassa. Da tempo immemorabile i ladini chiamano l'areale “Jonta” che significa “aggiunta”, “congiunzione” e qui nasce il rio San Nicolò che percorre tutta la valle fino a gettarsi nell'Avisio a livello dell'abitato di Pozza. Parliamo delle cascate presenti in questo luogo al plurale perché non siamo in presenza di una tradizionale caduta d'acqua da un'alta roccia, piuttosto osserviamo un ruscellamento sulla traccia di un'antica frana sotto la pareti grigie delle Cime di Costabella. L'acqua scende saltellando tra i massi facendosi largo tra un bosco di larici per poi confluire nel rio San Nicolò.

Esistono da memoria d'uomo e hanno sempre colpito la fantasia delle persone: dai valligiani che salivano in estate per la fienagione agli odierni turisti incantati dallo scenario della valle. Qui i geologi sono di casa perché la varietà delle rocce è straordinaria: si possono osservare i gessi depositati sul fondo di antiche lagune tropicali, le scogliere coralline insidiate da possenti colate di lava nera, testimoni di un'intensa attività vulcanica sottomarina. Infine il ghiaccio ha modellato il territorio trasformando il fondale marino in una valle alpina.

Ormai dell'antico ghiacciaio rimane ben poco, qualche lingua ben celata dai ghiaioni che stanno alla base dell'unica vetta che supera quota tremila: l'Om (l'Uomo).

In inverno le cascate sono immobili e coperte dal manto nevoso, ma in primavera l'acqua comincia il suo lavoro cadendo a valle con un brusio di fondo che tiene compagnia.

Per i più curiosi è possibile risalire il rado bosco di larici sul lato sinistro delle cascate e arrivare, dopo 45 minuti di cammino, alla “sorgente”: una piccola e tersa pozza di acqua che sgorga direttamente da alcuni fori nel terreno.

Per arrivare in località “Jonta” si parte da Pozza di Fassa e si raggiunge in auto (oppure utilizzando il trenino estivo) la località “Sauch” (posteggio a pagamento). Da qui è opportuno attraversare il corso d'acqua e camminare per circa un'ora sulla “strèda di rusci” (strada dei russi) tracciata a ridosso del versante sinistro orografico della valle.

La strada fa parte del patrimonio storico del primo conflitto mondiale. La val San Nicolò, fronte di guerra, era occupata dalle truppe austroungariche che avevano necessità di trasportare viveri e munizioni fino sulla vetta del Col Ombert, ardito sperone di roccia che domina la valle. Per aprire una strada protetta dal tiro delle artiglierie italiane, l'esercito imperiale utilizzò i prigionieri russi raccolti dal fronte orientale. Il tracciato che percorriamo allegramente con lo zaino in spalla è opera di uomini trapiantati tra le aguzze vette dolomitiche, ma che avevano nel cuore una profonda nostalgia delle monotone steppe russe.

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