Duplice omicidio e suicidio: non ci sarà l’autopsia sulle vittime

Si stavano lasciando, senza evidenti drammi, almeno non agli occhi di conoscenti e amici, ma lui non lo ha tollerato. Al punto di ucciderla e di ammazzare anche la figlia di lei, prima di suicidarsi. Questo il movente del doppio omicidio e suicidio compiuti ieri a Trento da Claudio Rampanelli, 63 anni, che ha tolto la vita a Laura Simonetti, 53 anni, e a Paola Ferrarese, 27 anni, nella casa nel centro dove vivevano insieme. Emerge da una delle due lettere trovate dagli investigatori della Squadra mobile della polizia di Trento, accorsa sul posto col dirigente, Salvatore Ascione, per le indagini coordinate dal sostituto procuratore Pasquale Profiti. Laura Simonetti era rientrata da un breve periodo di vacanza al mare, nella zona di Jesolo, probabilmente trascorso con la figlia. Nessuno ovviamente può sapere con precisione che cosa si siano detti, ma dalla lettera di Rampanelli emerge chiaro il senso di abbandono improvviso, accanto all’amore dichiarato per una donna definita speciale. Non che sospettasse un tradimento: soltanto l’incapacità di lasciarla andare. Le sue frasi suonano come: “Se non posso più stare insieme a te, allora…”. E seguono le scuse ai propri figli, due maschi e una femmina, avuti da due precedenti relazioni affettive. Insieme alla spiegazione dell’intenzione di suicidarsi, per avere compiuto qualcosa di terribile. L’altra lettera, indirizzata alla polizia, riferisce delle coltellate sferrate per uccidere. E il coltello da cucina, molto affilato, di una trentina di centimetri, era in camera da letto, un po’ ripulito, ma ben visibile, accanto alle due donne senza vita. Poco il sangue nell’appartamento, perché probabilmente, come spiegano gli investigatori, i fendenti sono andati dritti al cuore o in punti vitali.

NO AUTOPSIA SULLE VITTIME 
Nulla osta per la sepoltura rilasciato e niente autopsie per le due donne uccise dall’uomo che ieri si è poi suicidato a Trento. Lo ha deciso il sostituto procuratore di Trento Pasquale Profiti, che coordina le indagini per il doppio omicidio di Laura Simonetti, 53 anni, e a Paola Ferrarese, 27 anni, la compagna e la figlia di quest’ultima, che Claudio Rampanelli, 63 anni, ieri pomeriggio ha accoltellato a morte a Trento, nella casa dove convivevano, prima di togliersi a sua volta la vita. “Il verbale del medico legale è molto chiaro – ha spiegato il magistrato – e nulla di utile potrebbe emergere da eventuali autopsie, se non dettagli irrilevanti, anche perché l’omicida è morto”. Le coltellate inferte alla compagna sono state tre, al massimo quattro, tra cui una profonda vicino al cuore. Quelle alla giovane cinque, al massimo sei. Non risulta quindi avere infierito sulle due donne, che all’arrivo del 118, poco prima delle 15 di ieri, erano già senza vita. Lo stesso per Rampanelli, che si era gettato nel vuoto da una finestra, da oltre una decina di metri, finendo in un cortile interno della palazzina del centro. Secondo quanto ricostruito, le due erano tornate momentaneamente a casa, dopo una breve vacanza al mare, a Jesolo, per prendere dei vestiti, probabilmente senza avvertire e senza sapere se l’uomo fosse in casa. Sarebbe entrata prima la compagna e a quel punto, deducono gli inquirenti, sarebbe nata una discussione: lui molto innamorato e intenzionato a rinsaldare il rapporto, lei decisa a farla finita, che si stava allontanando da lui. Emerge dalle lettere lasciate da Rampanelli, in cui scrive: “Mi sono sentito offeso” dopo essersi sentito dire qualcosa “che non meritavo. Ed è calato il buio”. E nei biglietti spiega anche di avere ripulito l’appartamento dopo avere ucciso, “non so nemmeno io il perché” dice. Certo non con l’intenzione di non assumersi le proprie colpe, visto che nelle lettere alla polizia, così come ai familiari della compagna e ai propri, ammette tutto e chiede scusa, oltre a esprimere l’intenzione di farla finita per sé. Eppure il magistrato parla di un uomo descritto come “pacato, non violento, non aggressivo, di cui tutti parlano bene, compresi i familiari della compagna, tra cui il fratello. Una persona pacata anche nelle discussioni, che mai alzava il tono della voce, né si faceva scappare quelle classiche parole di offesa, come può accadere se ci s’infervora”. Tanto che nessuna delle due donne mai ne aveva avuto paura, a quanto i familiari hanno riferito.
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