Spine di fine estate

La dimensione abnorme del fenomeno migratorio aumenta la paura che alla fine esso travolga le nostre strutture sociali

La politica italiana è senza pace: l’emergenza immigrazione che non accenna a diminuire tiene alta la tensione, con l’inevitabile alternarsi di vicende umanamente drammatiche (le morti orribili di migranti nei vari viaggi della speranza) e vicende che mettono a nudo i risvolti poco piacevoli che si annidano in questi fenomeni (gli impulsi a delinquere di una serie di soggetti con fatti che arrivano al livello del delitto atroce di Palagonia). Troppo facile speculare su entrambi i versanti (perché, ammettiamolo, c’è anche chi specula sul pietismo), ma si tratta di un fenomeno molto pericoloso inserito in un panorama tutt’altro che tranquillo.

Certo in questo ultimo mese è arrivato un fatto nuovo, per quanto carico anch’esso di ambiguità. Alludiamo alla dimensione europea che ha assunto il problema. Quando la TV porta nelle case degli italiani non solo l’immagine degli sbarchi in Sicilia e Calabria, ma le scene drammatiche a cui si assiste in Grecia, negli stati balcanici, in Ungheria e persino in Austria e in Germania (ormai le immagini dell’eurotunnel a Calais sono sparite dalle cronache) ci si rende conto che le nostre difficoltà a districarsi con gli sbarchi non possono essere ridotte ad una presunta incapacità delle autorità italiane di farvi fronte.

Tuttavia questo non alleggerisce la tensione, perché d’altro lato proprio la dimensione abnorme del fenomeno aumenta la paura che alla fine esso travolga le nostre strutture sociali. Le capacità di reazione del nostro sistema di comunicazione non sono eccellenti: i media sono troppo in concorrenza fra loro e troppo preoccupati della perdita di audience per accordarsi su una gestione razionale delle informazioni. Perciò nei talk show e nelle interviste impazzano i personaggi che esasperano le tesi, che predicano soluzioni mirabolanti, conditi con sfogatoi per “uomini della strada” che approfittano dei pochi minuti di visibilità di una intervista per dar sfogo a considerazioni che definire epidermiche è un eufemismo.

Il governo sembra poco capace di organizzare una azione di contenimento e di moderazione di questi sussulti della pubblica opinione. In parte è colpa di una compagine ministeriale non sempre all’altezza del suo compito: Alfano, per esempio, non merita gli sberleffi e gli insulti del centro-destra, ma certo non è abile nel trasmettere l’immagine di un ministro degli interni che ha in pugno la situazione. Renzi punta più a sfruttare spiragli polemici a suo favore (la pochezza della minoranza PD nella sua opera di destabilizzazione del parlamento; i piccoli successi all’Expo o nelle statistiche economiche) che non a prendere di petto la preoccupazione della gente a fronte di una emergenza che non riesce a capire dove potrà portarci.

Naturalmente c’è un certo calcolo che le castagne dal fuoco saranno in parte cavate dall’intervento dell’Unione Europea. Le aperture della cancelliera Merkel fanno sperare in quella direzione, ma le chiusure britanniche e della maggior parte dei paesi dell’Est dovrebbero indurre a cautela su questo punto: nel bizantino sistema di decisione della UE senza un consenso generalizzato si va poco avanti e Junker sino ad oggi non ha mostrato sufficienti doti di leadership per ricomporre il puzzle.

In un clima di questo tipo può anche accadere che la situazione sfugga di mano. Al momento gli osservatori ci informano, fuori verbale, che il Vietnam parlamentare non ci sarà. La minoranza dem ha poca voglia di elezioni anticipate e così è per la gran maggioranza dei parlamentari. Perciò ci si accontenterà di aver costretto Renzi alla presunta “figuraccia” di dover far passare la sua riforma del Senato con i voti di una armata Brancaleone di transfughi (da Verdini, a qualche ex grillino, ai delusi di Sel). Così si ritiene sarà “azzoppato” e per adesso basta così.

Ci permettiamo di osservare che se questa è l’analisi è sbagliata. Renzi e i suoi sanno benissimo che in primavera devono affrontare un passaggio maledetto con le elezioni amministrative in città importanti (con sulle spalle tutte le tensioni per le vicende che abbiamo appena descritto). Non può certo permettersi di affrontarle azzoppato, perché significherebbe che quelle urne potrebbero segnare la sua almeno momentanea fine politica.

Perciò in quel caso sarà costretto ad un colpo di coda, e questo in politica raramente porta buoni risultati.

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