“Questi 13 anni nel cuore della città”

Il saluto più apprezzato glielo hanno già dato ragazzi e animatori del suo campeggio di agosto in quel di Garniga, ultimo di una lunga serie. Don Luigi Facchinelli lascia la parrocchia del Duomo e di Santa Maria con una festosa celebrazione unitaria che si terrà domenica 13 settembre alle 10 in Cattedrale. Nativo di Martignano, dove tornerà a risiedere e a dare una mano come collaboratore pastorale, don Luigi era stato prima parroco in Cristo Re dal 1985 al 2002 e prima ancora insegnante di religione.

Don Luigi, rivedendo questi ultimi 13 anni in Duomo, cosa le viene in mente?

Le tante celebrazioni gioiose – dalle veglie pasquali alle prime comunioni – ma anche i momenti della sofferenza che abbiamo incontrato. Molti flash simpatici mi arrivano dai campeggi condivisi con i ragazzi e gli animatori. Così gli incontri con ammalati e anziani che mi hanno accolto con simpatia; tutti momenti gratificanti per il mio ministero.

Lei ha accompagnato serenamente l'unione fra Duomo e Santa Maria: cosa ricava a proposito dell'unione fra parrocchie diverse?

Prima di tutto dico che deve esserne convinto il parroco. Ma l'unione fa sempre la forza e due comunità possono condividere risorse e talenti. E' normale che nelle persone rimanga affetto per la propria comunità precedente, ma abbiamo visto che si può lavorare insieme pur mantenendo una propria identità. Anche nella catechesi abbiamo unificato i gruppi, con arricchimento reciproco.

Lei ha vissuto nel cuore della città ed ha sperimentato la peculiare realtà della pastorale urbana: cosa è importante?

Non credo che ci siano particolari difficoltà a lavorare in città. Forse anzi si è più liberi dal quel pettegolezzo che talvolta si ritrova in ambienti più ristretti. In prospettiva vedo bene puntare ad un'unità delle parrocchie del centro città. Penso soprattutto per i giovani che nel gruppo possono sostenersi a vicenda, in una parrocchia più estese.

La specificità del Duomo?

Mi sono trovato bene, anche grazie ai miei predecessori. E' una chiesa sentita da tutti come propria, nella quale non c'è campanilismo. Penso che si possa e si debba intensificare sempre la pastorale d'insieme.

Come guarda ai prossimi anni?

Penso di poter fare ancora qualcosa. Mi sento un po' nella parte del nonno, nel senso di quella collaborazione nel bisogno, di quella disponibilità – con saggezza e bonarietà – che i nonni sanno dare. Vorrei poter dare una mano ai preti in difficoltà o per la visita agli ammalati. Finché la salute mi sorregge…: lavoro ce n'è sempre, quando c'è disponibilità. Un prete non va mai in pensione.

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