Le “mappe” dei migranti raccontano Rovereto

Guardare la città con occhi diversi, partendo dalle osservazioni di chi ci è arrivato senza saperlo. È questo l’obiettivo del progetto, “Abitare senza abitudine”, avviato dalle associazioni no profit Architetti senza frontiere Veneto e Abruzzo assieme al Cinformi. Obiettivo: mappare Rovereto attraverso i disegni e le impressioni dei profughi che vivono nel campo di Marco in attesa di ricevere lo status di rifugiato politico.

“Tutto è partito dal voler organizzare un laboratorio per questi ragazzi, prendendo spunto da una ricerca realizzata da Nausicaa Pezzoni nel libro ‘La città sradicata’ in cui cento migranti mappano Milano, intesa come punto d’approdo. Così abbiamo pensato di fare la stessa cosa con Rovereto”, spiega Rosalba Ferba, volontaria di Architetti senza frontiere per il Veneto, assieme a Chiara Rizzi per l’Abruzzo.

Ogni ragazzo che ha deciso di aderire all’iniziativa, per un totale di 25 partecipanti, ha disegnato su di un foglio come vive, immagina e sente Rovereto. “La metodologia utilizzata per la costruzione delle mappe si ispira allo studio di Kevin Lynch, che per primo ha indagato la forma della città a partire dall’osservazione di chi la abita”, continua la volontaria. “Ad ogni ragazzo ad esempio abbiamo chiesto di disegnare i luoghi dove preferisce andare, e quelli che invece tende ad evitare”.

Il momento di prendere in mano foglio e matita è arrivato dopo un incontro iniziale sull’importanza di avviare un’indagine con i migranti per imparare a riconoscersi nei luoghi, facendoli propri. “Oltre che per condividere un punto di vista e fornire alle stesse istituzioni, a cui domenica consegneremo le mappe dei ragazzi, gli strumenti interpretativi per rendere le nostre città più accoglienti e ospitali” aggiunge l’architetta che, durante l’iniziativa, ha accompagnato i richiedenti asilo in un giro esplorativo della città e della mostra “Confini e conlitti”, aperta a palazzo Alberti, assieme all’artista Luciano Civettini.

Durante l’ultimo e il terzo incontro i migranti hanno poi spiegato alle organizzatrici dell’iniziativa che significato davano alle proprie mappe. C’era chi, come racconta la volontaria, identificava il campo di Marco come un luogo sicuro, altri come una piccola cittadella fortificata. “Alcuni hanno disegnato la polizia un po’ ovunque, esprimendo l’ansia continua di dover mostrare i documenti. Altri hanno indicato il campo da calcio di Marco e il piccolo giardino vicino alla stazione di Rovereto come i luoghi in cui ritrovarsi. Altri ancora avevano paura di avvicinarsi al fiume perché ‘l’acqua che si muove’ viene associata al momento del naufragio che molti hanno vissuto”, sottolinea l’architetta che in questi giorni, 10 e 11 ottobre, sarà impegnata nella due giorni di “Maremosso” organizzata in città. Una kermesse (vedi box) dedicata al mondo dell’accoglienza che porterà i ragazzi del campo di Marco in città, con una serie di attività per tutti tra il Centro giovani in viale Trento e piazza Loreto. Domenica alle 11 i richiedenti asilo che hanno partecipato ad “Abitare senza abitudine” doneranno le loro mappe alla città.

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