Il Senato dei cento

Si conclude l’esperienza storica del “bicameralismo perfetto”. Illustriamo i pilastri della riforma

Da martedì 13 ottobre l’assetto istituzionale e costituzionale dell’Italia cambia. Con 178 voti a favore, 17 contrari, 7 astenuti il Senato ha approvato il disegno di legge costituzionale proposto dalla ministro Elena Boschi (n. 1429-B). Fine del bicameralismo perfetto; Senato con meno poteri legislativi e composto da 100 senatori eletti dai Consigli regionali ma con legittimazione popolare; nuovo Federalismo, con abolizione delle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni. Sono i pilastri della riforma costituzionale.

Il nuovo Senato. Resta il nome, ma al nuovo Senato la riforma assegna struttura e funzioni del tutto nuove. La Camera sarà l'unica Assemblea legislativa e anche l'unica a votare la fiducia al governo. I deputati rimangono 630 e verranno eletti a suffragio universale, come oggi. Il nuovo Senato avrà competenza legislativa piena solo su riforme costituzionali e leggi costituzionali. Si conclude così l’esperienza storica del “bicameralismo perfetto”. Al Senato rimane un potere di controllo relativo sull’operato della Camera: potrà continuare a esaminare i progetti di legge votati dalla Camera. Ciò non avverrà in automatico, ma solo su richiesta di almeno un terzo dei componenti. Se il Senato dovesse formulare proposte di modifiche su una legge votata dalla Camera, quest’ultima non è obbligata ad accoglierle, ma a sua volta dovrà modificare le proposte del Senato votando con maggioranza assoluta.

Consiglieri-senatori e sindaci. I nuovi senatori saranno 100 e non più 315 com’era finora. 95 saranno eletti dai Consigli Regionali (74 consiglieri-senatori più 21 sindaci, uno per ogni Regione); saranno i cittadini, al momento di eleggere i Consigli regionali, a indicare quali consiglieri saranno anche senatori e i Consigli ratificheranno la scelta (è la novità introdotta su richiesta della minoranza Pd); gli altri cinque saranno nominati dal Presidente della Repubblica. Resteranno in carica per 7 anni. I senatori non percepiranno alcuna indennità, mantenendo solo l’appannaggio di sindaci o consiglieri regionali. I 95 senatori saranno ripartiti tra le Regioni in base al loro peso demografico. Godranno delle stesse tutele dei deputati: non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza l'autorizzazione del Senato.

Il rapporto Stato-Regioni. La riforma tocca il Titolo V della Costituzione, riportando in capo allo Stato alcune competenze. Lo Stato si occuperà di finanza pubblica, lavoro, concorrenza, ambiente, energia, sistema nazionale di protezione civile e infrastrutture strategiche nazionali. Le Regioni invece assumeranno pienamente la responsabilità per tutto ciò che non è di competenza esclusiva dello Stato (sanità, formazione, ecc.).

Le altre novità. La riforma dice qualcosa anche a proposito di elezione del Presidente della Repubblica, referendum, Corte Costituzionale, Province, legge elettorale. Il Capo dello Stato sarà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori (non ci saranno più i rappresentanti delle Regioni); dal quarto scrutinio sarà sufficiente la maggioranza dei 3 quinti (60%) dei componenti e dal settimo dei soli tre quinti dei votanti. Per i referendum d’ora in poi basteranno 500 mila firme e un quorum del 50% più uno per rendere valido il risultato. Viene introdotto il “referendum propositivo” (da definire con una legge successiva). Le leggi di iniziativa popolare avranno bisogno di 150 mila firme (non più 50 mila come ora). La Corte Costituzionale: i suoi giudici saranno eletti 5 dal Presidente della Repubblica, 5 dalla magistratura stessa, 3 dalla Camera e 2 dal Senato. Vengono cancellate dalla Costituzione le Province (passaggio fondamentale per abrogarle definitivamente) e abrogato il Cnel (Consiglio nazionale economia e Lavoro). In materia di legge elettorale, viene introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale su richiesta di un quarto dei componenti della Camera.

Prima dell’entrata in vigore della riforma costituzionale ci vorranno un paio di passaggi parlamentari e quindi il vaglio de referendum popolare confermativo previsto per l’autunno del 2016.

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