Legge di stabilità e scelte inaccettabili

Sull’asse Trento-Roma, per gli esercizi di equilibrio della nostra Autonomia è stata una settimana d’impatto forse epocale. Due le spinte opposte: il Trentino da una parte si ritrova rinsaldato, quasi blindato, dalla riforma istituzionale approvata in Parlamento, dall’altra si scopre via via meno ricco, a fare i conti con un bilancio paradossalmente indebolito dalla Legge di stabilità.

Sulle ricadute locali del “Senato dei cento” non si è colta a sufficienza la portata del rispetto per la specificità delle Province autonome che è stato sancito dal testo varato il 13 ottobre (pure il peso percentuale di senatori regionali cresce, saranno 4 su 100!) grazie fra l’altro all’autorevole difesa del presidente emerito Giorgio Napolitano: “Nel nuovo impianto – ha detto in aula – vedo l’intento di un risanamento e rilancio del sistema delle autonomie seriamente vulnerato da crisi e cadute di prestigio di istituzioni regionali e locali”.

Sarà un puntello istituzionale di lunga durata, dunque, al quale però oggi si contrappongono le bordate alle casse dell’autonomia, sparate dalle misure governative del “Patto di stabilità”, il contenimento del debito pubblico richiesto dall’Unione Europea.

Basti dire che se Matteo Renzi confermasse la misura del bonus da 80 euro per i lavoratori da spesa sociale come detrazione Irpef, questo comporterebbe un calo di 80 milioni di gettito sul bilanco provinciale: meno tasse a Roma significa anche meno entrate per il Trentino, è una formula inversamente proporzionale – stabilita dal sistema di prelievo dei cosiddetti 9/10 – che peserà sempre di più sui nostri bilanci in questa fase di alleggerimento fiscale per la ripresina post crisi.

La previsione dei “ragionieri” trentini di piazza Dante parla di 200 milioni in meno nel prossimo bilancio (meno 4,7%), con la richiesta ai Comuni di “fare la propria parte”. Difronte ad una preoccupazione diffusa il governatore Rossi ha assicurato lunedì fuori microfono che non intende venir meno ai 130 milioni promessi come detassazioni alle famiglie e ai 160 milioni alle piccole imprese. Ed ha esemplificato l’impegno di Mamma Provincia annunciando un taglio fino a 3 milioni delle cosiddette “spese discrezionali” (che erano 15 milioni).

L'onda lunga della crisi ci consegna una Pat con risorse calanti. Se un tempo poteva giocare sulle voci di spesa come uno chef che sa sempre “rigirare” gli ingredienti oggi si ritrova come un fabbro che deve fare risparmio sulle viti più piccole. D'ora in poi s'impongono agli amministratori locali scelte sempre più oculate, che siano proporzionate tra loro, mai inconsapevoli.  In questa prospettiva, illuminata dai “sacrifici” imposti dalla Legge di stabilità, appaiono quanto meno gravi tre notizie uscite negli ultimi giorni dalla cronaca amministrativa.

In primo luogo, l’indagine della magistratura sull’azienda Deloitte che ha ottenuto fin troppe consulenze per incarichi di dubbia utilità: il cittadino se ne chiede il motivo e lo stesso presidente Ugo Rossi, difendendo lo stop imposto dalla Giunta a Trento Rise, ha riconosciuto che “ad un certo punto le consulenze vanno fermate”. Il secondo caso è il bando per il nuovo ospedale di Trento (ora la Provincia “per non perdere altro tempo e soldi pubblici” lo vorrebbe nelle aree dismesse di Mattarello) sul cui annullamento da parte del TAR pendono già onerose richieste di risarcimento dalle ditte interessate. Infine, la riconferma di Luciano Flor a direttore dell’Azienda Sanitaria: al di là della fiducia politica e della procedura tecnica, continuiamo a ritenere inaccettabile un contratto pubblico da 190 mila euro lordi annui (più premio di risultato del 20%) “che lo stesso Flor ha accettato di ridurre”, come si è letto con irritante eufemismo.

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