Con la porta aperta

Un primo bilancio con le quattro famiglie che hanno dato vita a questa significativa esperienza di condivisione

Trento, 19 ottobre – La porta sempre aperta, la luce sempre accesa… Quando arriviamo in via Giusti, all'altezza di via Taramelli, svoltato l'angolo e imboccata la stradina che ci porta al primo “condominio solidale” nato in Trentino, la prima impressione è questa: porte aperte e luci accese, a dire di una presenza che vuole essere un segno nel quartiere e nella città. Qui dove durante il giorno passano pezzi di umanità dolente che si recano al vicino Centro d'ascolto Caritas cercando briciole di comprensione e un aiuto materiale, ci accoglie Dario, davanti a un tavolo pieno di cachi maturi. Lui e la moglie Antonella, Fiorella con Sergio, Giulia con Andrea, Gabriella con Fabrizio, il loro bel gruppo di nove bambini, alcuni dei quali in affido, e nonna Nora sono gli abitanti di questo condominio-comunità di famiglie, nato da un cammino di condivisione iniziato undici anni fa tra un gruppo di persone che di fronte al bisogno di mettere su casa cominciarono a interrogarsi su come tradurre in concreto questo desiderio. Guardando ad esperienze ormai consolidate di “condominio solidale” e soprattutto alla prima nata in Italia, quella di Villapizzone, quartiere di Milano, una comunità di famiglie fondata nel 1978 che propone un'esperienza di vita in condivisione e comunione con il prossimo, si misero alla ricerca di una abitazione che rispondesse alle loro esigenze. Fu il Seminario di Trento a mettere loro a disposizione una sua struttura, da risistemare, affidandola in comodato per 25 anni. Avviata e completata la ristrutturazione tra il 2011 e il 2014, superando non poche difficoltà di ordine burocratico, da poco più di un anno le quattro famiglie sono entrate nei rispettivi appartamenti, uno per piano. Ma la casa dispone anche di alcuni spazi comuni, di un giardino e di un cortile che sono il luogo preferito per i giochi dei bambini.

“I capisaldi di questa esperienza sono quelli che condividiamo con le altre comunità come la nostra, una trentina in tutt'Italia, unite nell'Associazione Mondo Comunità e Famiglia: apertura, accoglienza, condivisione”, spiega Sergio davanti a un mucchio di castagne che con Giulia, Gabriella e nonna Nora iniziano pazientemente a tagliare. L'aspetto che di questa condivisione balza subito agli occhi è la scelta di mettere insieme i redditi di tutti versandoli in una cassa comune. Ogni famiglia, all'inizio del mese, indica alle altre quali pensa saranno le sue necessità e in base a questo riceve. Alla fine dell'anno, l'eventuale disavanzo è utilizzato per coprire le rate del mutuo acceso per i lavori di ristrutturazione.

“Altre comunità più mature, avviate da più tempo – spiega Gabriella – riescono con quanto rimane a fine anno a finanziare progetti dell'associazione nazionale Mondo Comunità e Famiglia o iniziative nella loro realtà territoriale. Visto dall'esterno, quest'aspetto della cassa comune è quello che più colpisce chi entra in contatto per noi. Ma per noi più della condivisione dei soldi (finiscono in un unico conto corrente, ndr), conta la condivisione delle relazioni. È questo che ti salva, che ti allena ogni giorno a togliere un po' di spigoli…”. “Così – continua Gabriella, continuando a incidere castagne – nessuno è povero e nessuno è ricco”. “O, meglio, siamo tutti più ricchi”, chiosa Sergio. Ancora Gabriella: “Un aspetto interessante è che così non si accumula capitale. Ma voglio sottolineare che il discorso economico è importante, ma va visto all'interno dell'aspetto più grande della relazione tra le persone, tra le famiglie della comunità”. Per esemplificare meglio l'uso del denaro che qui viene fatto, Gabriella fa cenno al recente viaggio di Sergio in Africa, dove si è recato per ragioni di studio. “Ciascuno di noi può contribuire alla realizzazione del sogno degli altri: mi pare che sia il massimo. Il bello dalla cassa comune è che si mettono i soldi a servizio delle relazioni”. È un “mettere in comune” i propri beni che richiama lo spirito delle prime comunità cristiane, ma, anche se storicamente la prima comunità famiglia di Villapizzone nacque dalla spinta di un gruppo di padri gesuiti, oggi l'esperienza è aconfessionale.

Dopo un anno, si può tentare un primo bilancio, chiediamo? Risponde Gabriella: “L'accoglienza che viviamo all'interno delle nostre famiglie e tra le nostre famiglie si riflette all'esterno inevitabilmente, anche se i tempi sono lunghi. I nostri spazi comuni ospitano i compagni di scuola dei nostri figli…”. “Ci accorgiamo – osserva Sergio – che il 'condominio solidale' diventa una calamita per tante cose”.

Da tanto seminare con pazienza e caparbietà i frutti nasceranno, i “condòmini solidali” ne sono convinti. Per ora un primo frutto è l'accoglienza, avviata proprio in questi giorni, di un richiedente asilo, in risposta a una richiesta del Cinformi, il Centro informativo per l'immigrazione della Provincia Autonoma di Trento. E un gruppo di lavoro sta ripercorrendo il cammino di questo primo “condominio solidale” trentino, cercando a Trento la disponibilità di una casa da prendere in comodato e risistemare, per dare vita a una seconda esperienza di “condominio solidale” (“Se qualcuno volesse farsi avanti con questa disponibilità, ben venga”, dicono Giulia e Sergio).

Ma sono tante e diverse le modalità attraverso le quali le comunità che si riconoscono nell'Associazione Mondo Comunità e Famiglia declinano l'accoglienza, non solo nella comunità residenziale di via Giusti, ma anche nel gruppo più ampio che affianca questa esperienza e che costituisce un motivo costante di riflessione e di confronto.

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