Il signor Rossi ha perso la fiducia

Si intitola Le mutazioni del signor Rossi e descrive il modo in cui è cambiato il nostro rapporto con la realtà, dagli anni ’70 ad oggi, e il peso che hanno avuto i media in questo cambiamento, quelli di massa e quelli veicolati dalle nuove tecnologie. A “prendere il polso” all’italiano medio è Nando Pagnoncelli, esperto statistico e di sondaggi, commentatore del Corriere della Sera e di La7 nel programma Di martedì. Da lunedì è in libreria per i tipi delle Dehoniane.

In uno dei primi capitoli, l'autore analizza «la dieta mediatica» degli italiani – che cosa è cambiato nell'offerta e nel consumo di informazioni da parte del cittadino medio – e pone tali cambiamenti in relazione allo spirito critico.

Il dato oggettivo è un aumento enorme dell’offerta informativa e del consumo di informazione: grazie ai canali tv, radio e internet, siamo costantemente informati su quanto succede intorno a noi. Tuttavia a questa informazione non corrisponde un aumento dello spirito critico, come sarebbe naturale attendersi. Anzi.

«Travolti da un numero di informazioni incredibilmente elevato – scrive Pagnoncelli – assumiamo un atteggiamento nuovo e selettivo: scegliamo e approfondiamo solo ciò che ci interessa e rischiamo di perdere di vista il contesto e la gerarchia delle notizie. O, meglio, costruiamo una gerarchia personale che può prescindere dall’oggettiva importanza degli avvenimenti».

Il fenomeno è favorito dal prevalere dei mezzi “di flusso” rispetto alla carta stampata che aiuta a strutturare il pensiero. E più ancora dalle modalità della rete, dove la circolarità e la ritrasmissione delle notizie da parte degli utenti aumentano il rischio di manipolazione.

Il dato di fondo, che già conosciamo, trova ulteriore conferma: l'emotività ha la meglio sulla razionalità, le percezioni sulla realtà oggettiva (un capitolo del libro è interamente dedicato alla questione, ma anche il sottotitolo del libro «Gli italiani tra mito e realtà»). Va da sé l'influenza che questo ha sulle opinioni che la gente si forma. Ciò a cui non si pensa e su cui l'autore richiama l'attenzione, è il modo in cui questo incide sulla fiducia. Anch'essa infatti «è sempre meno ancorata agli aspetti cognitivi, reali, fattuali e molto più a quelli affettivi. Ci si fida delle persone che si ritiene siano accomunate dagli stessi valori». In questo contesto culturale frammentato e liquido, anche la fiducia dunque diventa volatile, come le opinioni. Qui, tuttavia, si apre un'altra finestra di responsabilità che non riguarda i media ma il sistema finanziario in cui viviamo, un sistema «lontanissimo e indipendente dai rapporti umani di fiducia, retto sulla ricerca del massimo tornaconto delle grandi banche, delle assicurazioni e delle multinazionali».

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