Tavola e pagaia contro l’autismo

Uno studio promosso dalla Cooperativa Sociale Arché ha evidenziato i benefici dello “Stand Up Paddle Surfing”: coinvolti più di 80 volontari e oltre 120 persone con disabilità cognitivo-relazionali

“Durante l'età evolutiva è importante lavorare sulle abilità motorie dei ragazzi che presentano un disturbo dello spettro autistico, per aiutare lo sviluppo di queste loro capacità e, allo stesso tempo, incrementare la consapevolezza corporea, essenziale durante l'adolescenza nelle relazioni sociali”. Lo ha sottolineato il presidente di Arché, Gianluca Samarelli, in apertura del seminario “SUP ABILITY. Risultati, metodologie e buone prassi”, che si è tenuto a Trento venerdì 6 novembre. Nel corso del quale è stato presentato il resoconto dello studio sperimentale sugli effetti della pratica sportiva dello Stand Up Paddle Surfing sulle persone affette da autismo.

Promosso dalla Cooperativa Sociale Arché, in collaborazione con il Laboratorio di Osservazione Diagnosi e Formazione (ODFLab) dell'Università degli Studi di Trento e il Collegio Didattico di Scienze Motorie dell'Ateneo di Verona, l'innovativo progetto di ricerca, che ha coinvolto oltre 120 persone con disabilità cognitivo-relazionali e più di 80 volontari, ha evidenziato i benefici del SUP.

“Attività piacevoli e motivanti di tipo ludico-sportivo possono supportare lo sviluppo di una relazione di fiducia tra ragazzo e istruttore”, ha spiegato Samarelli, skipper professionista ed esperto di turismo accessibile e sport per disabili. “E possono diventare il contesto preferenziale per sviluppare abilità comunicative e sociali anche con i pari”.

Un percorso, quello del SUP Ability, iniziato da Arché nel 2012 (ma l'idea è nata due anni prima) insieme all'Associazione Genitori Soggetti Autistici del Trentino. Partendo da un approccio indoor di quattro mesi in piscina, i partecipanti – seguiti da una psicologa e una psicomotricista – sono arrivati a solcare il lago di Caldonazzo sulla tavola da surf, in completa sicurezza. “Adesso dobbiamo estendere l'opportunità anche ad altre famiglie e ragazzi”, ha aggiunto Samarelli, “reperendo le risorse per continuare la nostra ricerca e riuscire a portare fuori dalla provincia, magari ampliandolo a livello europeo, questo strumento inclusivo di vacanza, sport e terapia”.

Attività motorie e sportive non vanno, però, confuse. “Sono cose diverse, anche se impropriamente i due termini vengono spesso scambiati”, ha chiarito la prof.ssa Francesca Vitali, del Dipartimento di Scienze Neurologiche Biomediche e del Movimento dell'Università di Verona. “Il SUP non è finalizzato alla prestazione, ma a migliorare la salute fisica e psicologica in modo olistico”. “Bambini, ragazzi, adulti e anziani devono essere intrinsecamente motivati”, ha proseguito la presidente nazionale dell'Associazione Italiana Psicologia dello Sport. “Il divertimento, ovvero gioia e piacere, è un importante agente motivante. In altre parole, il divertimento è una cosa seria”.

Come pure la scelta del luogo. “Meglio una location outdoor, vale a dire un ambiente naturale e acquatico, della pratica in laboratorio”, ha precisato Vitali. “È in questo contesto, infatti, che si sono registrati miglioramenti degli stati affettivi ed emozionali”. La partecipazione sportiva dà inoltre sostegno alle famiglie di persone con disabilità cognitivo-relazionali. “Ma l'abilità motoria-sportiva può essere trasferita anche ad altri ambiti della vita, come scuola e comunità”.

Due gruppi di ragazzi dagli 11 ai 15 anni, suddivisi in esperti e neofiti, sono stati al centro del progetto SUP Ability, che si è svolto la scorsa estate nelle placide acque del lago di Caldonazzo. Ogni surfista ha avuto a disposizione dalle 8 alle 12 uscite individuali, per un'ora ciascuno di attività.

“Risultati alla mano, abbiamo notato differenze significative nei diversi tempi – inizio, metà percorso e fine – per le aree del contatto, dell'interazione, dell'intenzione e dell'attenzione”, ha dichiarato la dott.ssa Chiara Cainelli, del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell'Università di Trento. “Rispetto invece a quelle dell'emozione, della regolazione, della comunicazione e del linguaggio non ne abbiamo riscontrate”.

Questo primo studio ha dimostrato l'efficacia di un'attività di SUP adattato per migliorare le funzioni grosso-motorie, gli schemi di controllo degli oggetti e quelli locomotori di ragazzi con ASD. “In futuro – ha concluso la dott.ssa Valeria Marconi, del Collegio Didattico Scienze Motorie dell'Università di Verona – sarà interessante verificare miglioramenti anche del dispendio energetico del cammino e l'impatto su forza, resistenza, composizione corporea e stile di vita di questi giovani”.

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