E adesso? Al lavoro nelle comunità

Attese da non deludere

Le proposte contenute nelle cinque sintesi sono solo le punte di un iceberg: dobbiamo evitare che esso non si sciolga. Questo ricco patrimonio costruito nel confronto a Firenze ora è da mettere a disposizione delle nostre comunità; a proposito qualcuno ha proposto, accanto all'attuale sito, di sviluppare un apposito portale per documentare il lavoro futuro.

Anche il comitato preparatorio nazionale non esaurisce qui il suo impegno; dovremo interrogarci sulle iniziative da prendere per non deludere le attese destate da questo processo di partecipazione molto capillare. Da domani il metodo sinodale ci chiama a modalità nuove: tutti sullo stesso piano, anche se con ruoli diversi.

Pierino Martinelli

Luci ed ombre

Sembra oramai condivisa l’idea che si debba camminare insieme, laici e consacrati, pastori e popolo di Dio…, che insieme, con un dialogo fatto soprattutto di ascolto reciproco, si possano individuare meglio le strade per rinnovare la Chiesa; su alcune proposte operative abbiamo potuto interagire con altri delegati.

Mi aspettavo fosse presente una rappresentazione più reale della Chiesa italiana. Ho visto invece tanti sacerdoti, religiosi e religiose e, tra i laici, soprattutto addetti ai lavori (direttori o dipendenti di uffici di curia, Caritas diocesane, ecc…); avrei preferito incontrare genitori, catechisti, sposi, animatori. Non sono state secondo me rispettate le “quote rosa”: mancavano all’appello molte donne, che generalmente sono invece le più presenti nelle varie attività delle nostre parrocchie!

Marco Gadotti

 Ciascuno è protagonista

Il convegno di Firenze è stato, dal mio punto di vista, un’opportunità per ciascun partecipante di sentirsi parte e partecipe della Chiesa. Ognuno infatti è stato protagonista, soprattutto nei lavori di gruppo, per evidenziare aspetti positivi e negativi che la caratterizzano.

Più volte è stato sottolineato che la Chiesa dev’essere alla portata di tutti, raggiungibile da chiunque essa accosti o vi si accosti. Ogni partecipante al convegno dovrà portare nel proprio ambiente un volto di Chiesa concreta, impastata di quotidianità, dialogante e in ascolto.

Lo stile che si chiede alla Chiesa ha le caratteristiche proprie della famiglia, dove si dialoga, si litiga, ci si sorregge, si condividono gioie e dolori. Se desideriamo che la Chiesa non sia per pochi o solo per addetti ai lavori, laici e consacrati abbiamo il compito di camminare insieme, unendo le nostre specifiche vocazioni, ma complementari tra loro.

Ho apprezzato la voce dei giovani, che con forza hanno chiesto di poter essere i protagonisti nella realizzazione della Chiesa. Questo appello non deve cadere nel vuoto, ma chi ha esperienza alle spalle deve avere il coraggio di fare un passo indietro. Per evitare di scadere nella logica del “si è sempre fatto così” e dare fiducia alla creatività e alle risorse giovanili.

Chiara Gadotti    

Nuove strade

A Firenze ho trovato una Chiesa che pur con molte difficoltà, cerca di farsi vicina agli uomini e alle donne che operano in essa in uno spirito di accoglienza e di ascolto per poter trovare insieme nuove strade per raggiungere gli uomini del nostro tempo, e far loro riscoprire la gioia della propria appartenenza a quel Dio che li ha creati a sua immagine e somiglianza.

Ho ritrovato una Chiesa madre, che in ogni parte d’Italia già vive con gioia il desiderio di uscire sulle strade del mondo per incontrare l’altro lì dove egli è. Una Chiesa che annuncia con la vita l’amore sperimentato e vissuto in Gesù. Una Chiesa capace di educare per maturare nell’uomo il senso di responsabilità verso se stesso, gli altri e la società in cui vive, Una Chiesa in grado di abitare ogni luogo (oratorio, famiglia, giovani, lavoro, sanità, assistenza etc.) perché sente che “gli appartiene”. E infine una Chiesa che si trasfigura, perché il suo volto assuma i tratti del volto di Dio e i suoi sentimenti siano quelli di Gesù: umile, disinteressato e beato.

A Firenze ho ritrovato coraggio, nella consapevolezza che sono tante le difficoltà che riscontriamo ogni giorno prima di tutto in noi stessi ma che siamo accompagnati dal nostro Santo Padre. Francesco ci sprona a non restare a guardare dal balcone ma a farci costruttori di una società che abbia per fondamento l'amore di Dio.

 Chiara Campolongo

Bruciare i divani

Ringrazio l’Arcivescovo per avermi dato l’opportunità di partecipare a questo evento importante della Chiesa italiana che mi ha permesso di incontrare persone, ascoltare esperienze e portare il mio piccolo contributo in particolare nella via del “Trasfigurare”.

Molte sono le parole ascoltate, tante le emozioni vissute, ma soprattutto ciò che rimane in me è lo sguardo bello di una Chiesa in cammino; una Chiesa che non nasconde fatiche e difficoltà, non si ferma alle lamentele ma cerca costantemente la via per stare alla sequela di Cristo nell’oggi. In questo senso ho raccolto la frase provocatoria dei giovani di “bruciare i divani”, cioè di non restare inermi, comodi nelle postazioni raggiunte: il Vangelo richiede una continua conversione. In queste giornate ho sentito come la Chiesa sa cogliere sempre il soffio nuovo dello Spirito.

Fr. Saverio Biasi

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Monica Signorati

La tabella di marcia

Riparto da Firenze con un desiderio di silenzio per lasciar sedimentare le tante cose viste e sentite. Nei giorni del Convegno era davvero impossibile avere spazio per questo, ma si sperimentava la bellezza di sentirsi immersi in una comunità cristiana aperta e dilatata su tutta la nostra Italia. Anche in questo particolare contesto a volte abbiamo sorriso su alcune marcate differenze che emergevano da regione a regione, ma soprattutto abbiamo potuto godere e arricchirci nella narrazione delle tante sfaccettature con cui il volto di Cristo si manifesta oggi.  Nei prossimi mesi potremo riprendere diversi aspetti anche in diocesi, ma soprattutto il discorso del Papa nella Cattedrale di Firenze mi sembra ci presenti una tabella di marcia.

Un piccolo rincrescimento: avrei voluto sentire a Firenze anche una Chiesa più inquieta, che si pone domande, che loda il Signore per le molte espressioni di bene che uomini e donne oggi fanno, a prescindere dal loro credo, una Chiesa più umile e consapevole che oggi dobbiamo fare rete con tutti di fronte ai grandi problemi di questo nostro tempo. “La Chiesa italiana sia una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa. E, incontrando la gente lungo le sue strade, assuma il proposito di san Paolo: «Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22)”, questo l’invito del Papa. Forse su questo avremo potuto pensare di più, ma i tragici avvenimenti di questi giorni ci scuotono nel profondo, ci fanno ripensare a Firenze, a cercare un ponte tra ciò che abbiamo vissuto e l’oggi e allora è in una luce diversa che ripenso al tema del Convegno: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”.

Cecilia Niccolini

Osare di più

Dal convegno è emersa la convinzione che i cristiani devono sì rispondere alle urgenze di questo complicato momento economico e sociale, ma anche educare alla cittadinanza e spingere le istituzioni a prendersi le proprie responsabilità. Le azioni concrete ed i convincimenti possono cambiare il consenso e quindi anche produrre cambiamenti nella politica.

Questa sollecitazione dovrebbe interpellare in modo specifico le realtà associative laicali, come le ACLI, che devono osare di più sull’esempio di un Papa come Francesco, che ha indicato alla Chiesa italiana l’inclusione sociale dei poveri come via per il nuovo umanesimo in Gesù Cristo.

Flavio Berloffa

Valori determinanti

E’ stata una grande esperienza, ricchissima di stimoli ed è difficile ora distinguerli tutti. Come nelle vetrate di Santa Maria Novella, o nei mosaici dorati del Battistero, o nei decori esterni del Duomo e del Campanile.

Lentamente si mette a fuoco il tema e le implicazioni. Così le premesse, le celebrazioni, l’incontro con il Papa, le relazioni, le elaborazioni ai tavoli, e soprattutto lo stare insieme al nostro Arcivescovo.

La città ha offerto ulteriori incontri, mostre d’arte, concerti, teatro, in aggiunta all’immenso patrimonio storico e artistico che nei secoli ha saputo produrre e conservare. Non si può semplificare nel dire che ciò è avvenuto solo in seguito alla ricchezza prodotta, perché determinanti sono stati i valori della spiritualità cristiana, maggiormente visibili su larga scala, ma che sono determinanti nella quotidianità, perché pone l’uomo e la persona alla base del proprio sentire e del proprio agire, in sintonia con la scelta di quel Dio che, prima di tutto, si è fatto Uomo.

Marco Arman

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Don Ferruccio Furlan

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