Comincia a Laives l’Anno della misericordia

La comunità accoglie persone sieropositive e malate di Aids

Laives – L’Anno Santo della misericordia comincia a Laives. Prima delle porte sante del Duomo di Bressanone (13 dicembre), di quello di Bolzano (25 dicembre) e del santuario di Pietralba (1° gennaio), il vescovo Ivo Muser ha aperto la porta di Casa Emmaus, la comunità che accoglie persone sieropositive e malate di Aids.

Ad una settima dall’inaugurazione del Giubileo, in occasione della giornata mondiale contro l’Aids, lo scorso 1° dicembre la Caritas diocesana, con i suoi operatori e i volontari, ha voluto dare un segnale alla popolazione attraverso un momento pubblico di condivisione e riflessione, invitando tutti a non voltare lo sguardo dall’altra parte. “Ero malato e mi avete visitato. È quanto avviene da molti anni a Laives, grazie alla presenza di Casa Emmaus. Il prendersi cura di chi incontriamo, soprattutto di chi fa più fatica, è una delle dimensioni da riscoprire e da vivere nell’Anno Santo dedicato alla misericordia, cioè all’avere un cuore aperto per gli altri”.

Prima della colazione, gli ospiti della struttura assieme ai collaboratori, hanno partecipato alla messa celebrata dal vescovo Ivo Muser, animata dai ragazzi della scuola Claudia de’ Medici di Bolzano. “Viviamo in un momento in cui si diffondono paure e incertezza. La risposta all’intolleranza e alla violenza però non sta nel chiudersi in se stessi, ma nell’aprirsi, nell’ascoltare, nel farsi carico dei fratelli e delle sorelle che fanno fatica. Apriremo nei prossimi giorni le porte sante, vogliamo aprire anche le porte del nostro cuore e delle nostre comunità”, ha detto il vescovo Muser.

Secondo i dati comunicati dal primario del reparto Malattie Infettive dell’Ospedale di Bolzano Peter Mian, presente anch’egli a Casa Emmaus, l’Aids continua anche in Alto Adige la sua lenta diffusione. Il totale delle persone trovate infettate dal 1985 ad oggi, in Alto Adige, è di 841. L’incidenza dell’infezione da Hiv è stabile dal 1990 in poi, mediamente si registrano 20 nuovi casi all’anno. Nel 2015 sono state riscontrate 14 nuove infezioni, di queste persone nessuna è tossicodipendente.

Alle persone colpite dall’Hiv o malate di Aids viene spesso a mancare il supporto famigliare e sono costrette a nascondere la loro condizione. La malattia nel corso degli anni è cambiata, ma i pregiudizi restano quelli di sempre. Casa Emmaus vuole essere un segno concreto della capacità umana di “essere solidale”, un luogo dove non prevalga il senso di inutilità o di colpa ma la riscoperta di se stessi. Oltre alla cura e all’accompagnamento dei malati fondamentale rimane l’opera di sensibilizzazione e prevenzione, oltre alla non interruzione delle terapie da parte dei malati. “Più precoce è la diagnosi, migliore sarà la risposta alla somministrazione della terapia”, dice Diego Vanzan, responsabile di Casa Emmaus.

Per l’occasione si è fatto riferimento al progetto nazionale Caritas di sensibilizzazione nei confronti dell’Aids e contro lo “stigma” che coinvolge, oltre quella altoatesina, altre quindici Caritas diocesane. Presentato l’opuscolo “Dall’invisibilità all’integrazione”. “Lo stigma ha una conseguenza che si chiama ‘invisibilità’. Le persone segnate a dito preferiscono nascondersi. Al nostro giudizio (e pregiudizio) preferiscono la solitudine. E la solitudine è peggio della malattia”.

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