Prepararsi per il futuro: speranze ed incognite

L’uomo di oggi, che legga i giornali e le riviste disponibili, si ritrova sempre maggiormente coinvolto (e probabilmente allarmato) di fronte alla ricchezza e alla complessità degli articoli che si riferiscono alla reinterpretazione del nostro passato in vista di una vera e propria scoperta del futuro dell’umanità.

Va chiarito subito che qui non si tratta tanto di futurologia e di fantascienza (che riguardano viaggi spaziali, intelligenza artificiale, trasferimenti su Marte, collisioni con meteoriti, civiltà aliene ed altre prospettive…), quanto di una diversa e nuova maniera di studiare e comprendere il nostro futuro, alla luce degli studi attuali di scienziati, filosofi, ricercatori, letterati, pensatori, politici, lungo un percorso stimolante che mette alla prova ciascuno di noi, in modo che ci ritroviamo più convinti, oltre che informati, nei campi della innovazione socio-politica, dei nuovi linguaggi, della paleoantropologia, dell’arte, della filosofia.

Giorni fa è uscito su La Lettura, la rivista che esce in allegato al Corriere della Sera, un importante articolo del filosofo Theodore Zeldin, che nel suo intervento così sintetizza, attraverso questa serie di spunti, il suo tipo di ricerca: “Come possiamo utilizzare il passato per immaginare nuovi modi di guardare al futuro?”. E subito la questione: “Se esistono alternative alla 'rivoluzione' trovandole nella 'continua innovazione' che altro non sarebbe che 'una ricetta per una versione moderata della ribellione permanente'”. E più avanti: “Il nostro obiettivo è portare la vita privata nella dimensione pubblica… Conoscendo veramente le persone, una ad una”. “Il cambiamento deve partire dai singoli individui e dai loro rapporti”. E nei riguardi delle religioni: “Capire le religioni non vuole dire essere tolleranti, tollerare significa non essere interessati. Piuttosto dobbiamo, ancora una volta, studiare, ascoltare, parlare”.

La religione, peraltro, rappresenta una espressione universale della conoscenza umana.

Pure per quanto riguarda la paleoantropologia ci troviamo di fronte a scoperte che hanno presa sul futuro; basta riferirci ai recenti ritrovamenti in Sudafrica di numerosi resti attribuiti all’Homo Naledi (di cui si fa un gran parlare): la evoluzione nel senso biologico e culturale va reinterpretata, come sostengono attualmente gli studiosi, non sotto il profilo di uno sviluppo lineare e sequenziale, dall’australopithecus sino all’Homo abilis e sapiens, ma come un modello che si ispiri piuttosto alla metafora del “cespuglio” evolutivo: e il dimostrare appunto questa complessità dello sviluppo a sua volta arriva a fare capire meglio il cammino di questo cambiamento evolutivo dell’umanità.

Interessanti, e quasi provocatori, risultano alcuni articoli pubblicati sempre nello stesso numero de La Lettura, con interventi che potrebbero illuminare sempre di più il futuro dell’umanità. Ad esempio, quell’esperimento per incoraggiare sistematicamente la dote della gentilezza nelle città (“dote contagiosa, rivoluzionaria, terapeutica”), come nei programmi di Filadelfia, così da portare oltre al messaggio di cortesia e di ospitalità grandi benefici alla comunità stessa. O la proposta di una condivisione attiva dei testi scritti, pamphlet, romanzi, con la possibilità di interazione, quasi di riscrittura (che renda i lettori co-autori), sempre alla insegna della personalizzazione, osserviamo come si possa operare quel passaggio da una storia di altri ad una storia anche nostra: ma ci sarà davvero per il futuro questa speranza di realizzare una fruizione testuale che diventi creazione letteraria partecipata? O, ancora, la posizione ultralibertaria di chi sostiene in un’epoca di globalizzazione il detto biblico “Nessuno tocchi Caino”: per arrivare ad un libertarismo che sappia rivedere le diffuse e correnti pratiche di penalizzazione e di costrizione. Va rilevato come anche uno stato sovrano, democratico, possa incorrere in un potere arbitrario sulle vite dei cittadini, con la conseguente necessità che esso debba, in qualche modo almeno, venir moderato.

Altri itinerari aperti sul futuro risultano quelli legati all’internazionalismo, alla cultura del progresso ed alla continua trasformazione in atto, che a loro volta impongono di risolvere le antinomie guerra e pace, avanguardia e conservatorismo, laicità e religione, interventismo e immobilismo, migrazione e salvaguardia della cultura dei luoghi di provenienza e di accoglienza… ed altro ancora; antinomie con cui hanno dovuto fare i conti sia l’uomo della strada che il politico, l’umile e l’intellettuale, il credente e l’ateo. L’umanità possiede di per se stessa la possibilità di decidere, almeno in parte, che cosa e come diventare: e questo significa che ha capacità di futuro.

Prepararci per una cultura del futuro non vuol certo dire cancellare il passato (semmai studiarlo e capirlo meglio) bensì guardare “al lungo termine” disponendoci, non da solitari cercatori, sia alle incognite che alle speranze dell’umanità.

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