Nelle tavole del “Miserere” ritroviamo noi stessi in itinere

Le notissime tavole del Miserere di Georges Rouault, le 58 incisioni esposte nella mostra “Mio dolce paese dove sei? Identità perdute da Rouault ai contemporanei” al Museo Diocesano, ha suggerito allo scrittore Sergio Artini queste riflessioni.

Papa Francesco ha dichiarato nel marzo 2013: “Sentire misericordia… questa parola cambia tutto, rende il mondo meno freddo e più giusto”. Nel nome della misericordia (virtù in comune alle tre religioni monoteiste, Cristianesimo, Ebraismo, Islamismo) lo scorso 8 dicembre Bergoglio ha indetto il Giubileo.

Nella storia recente e contemporanea della Chiesa Cattolica la Misericordia si è come accordata con l’amore cristiano contro ogni intolleranza e intransigenza: semanticamente vuole significare compassione, si traduce come solidarietà e giustizia e nel suo itinerario non può che condurre alla pace e vincere sulla paura. Le Porte Sante che si apriranno in tutto il mondo segneranno proprio l’iter di questa Misericordia. E corre subito alla mente e al cuore il Miserere, il salmo penitenziale in cui David domanda a Dio misericordia e salvezza.

Ecco allora quanto debba apparire suggestiva la Mostra allestita nel Museo Diocesano Tridentino “Mio dolce paese dove sei?”, in cui vengono anche esposte le notissime tavole del Miserere del famoso pittore francese, definito da Raissa Maritain ‘religioso’. Nelle tavole traspare la sofferenza dell’umanità a causa della sua stessa condizione esistenziale, oltre che a motivo delle guerre e delle altre calamità sempre incombenti. In ogni caso lui si definisce “pittore del tempo delle cattedrali”; probabilmente per questo si riscontrano certe influenze gotiche ed una intonazione sacrale. Ed è alla ricerca piuttosto della espressione delle creature che della loro bellezza. Anche se va respinta l’impressione di una sua propensione per l’orrido e per lo sgradevole. La sua è una ricerca di archetipi primitivi, duri, essenziali. Possiede una radicata tendenza alla perfezione tecnico artistica, alla elaborazione finale sicura e definitiva, senza però indulgere nello studio accademico. Ama i primissimi piani, elabora le masse cromatiche, possiede un disegno forte e incisivo, che non trascura mai l’impasto pittorico.

L’artista comincia quest’opera verso il 1912 (probabilmente commosso e provato per la morte del padre), ma sono i disastri della Prima Guerra Mondiale che lo costringono a trattare col dramma, senza mai retorica, ma con immediatezza ed una certa semplicità quasi arcaica, lontanissima da manierismi e copiature. In questa sua ricerca, che mostra anche aspetti ostici e duri, oltre alla più genuina ispirazione religiosa (quale sintesi tra cristianesimo ed umanesimo), si può intravvedere anche la speranza, la femminilità, la maternità stessa. Questo artista poliedrico, pittore ed incisore, scrittore, che ha goduto delle possibilità di viaggiare e di conoscere con frequentazioni illustri, che ha ammirato insigni maestri, Rembrandt sopra tutti, ma anche Delacroix, Cézanne ed altri, oltre al proprio maestro Gustave Moreaux, si lascia anche permeare dall’arcano, dallo straordinario, persino dal grottesco (ecco i frequenti riferimenti al clown, al saltimbanco…). Note le traversie, anche giudiziarie, di Rouault con il proprio editore Volard, che hanno ritardato l’uscita integrale delle tavole: solo con la rientrata disponibilità delle lastre originali, nel 1947, il Miserere potrà iniziare il cammino della pubblicazione e della conoscenza mondiale.

Si presenta, dunque, a Palazzo Pretorio di Trento l’occasione per contemplare, più che per ammirare, le tavole del Miserere di Rouault, che consolano dopo avere fatto quasi paura, che stimolano i pensieri dopo avere prima sconcertato ed emozionato: sono elaborazioni di storie, leggende, salmi, rivelazione, paesaggi, facce, figure, scheletri, profeti, ecce homo e crocifissioni… E dentro finiamo per ritrovare anche noi stessi in itinere. Se è vero che “l’uomo dei dolori” resta al centro di tutte queste raffigurazioni, è altrettanto vero che il nostro sguardo riesce a cogliervi anche la speranza del divino. La sofferenza chiede compassione ed ottiene misericordia.

Sergio Artini

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