Questi dodici ragazzi pronti a dare una mano

Arrivati in novembre, vivono in due appartamenti messi a disposizione dal Capitolo. E il parroco rilancia l' appello per l'integrazione

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“Che sia islamico, italiano, bianco o nero, è sempre un volto che mi sta interpellando”, dice don Walter Sommavilla, con il suo stile diretto, senza paura di chiamare le cose col loro nome, commentando l'emergenza profughi che ha coinvolto anche le parrocchie trentine. «Non lo facciamo perché ce l'ha detto il Papa, ma perché siamo cristiani – chiarisce il parroco di Arco, aggiungendo che «l'importante è che noi non si diventi un'agenzia di collocamento».

La parrocchia di Arco accoglie 12 ragazzi tra i 20 e i 30 anni, arrivati a novembre. Vengono da Nigeria, Mali, Gambia, approdati sulle coste italiane dopo un viaggio in gommone («Uno di loro è partito col fratello, che però è rimasto nell'acqua» confida il don con rammarico e pudore). Sono giovani spaesati, parlano poco o niente l'italiano, ma nei loro Paesi di origine hanno studiato o lavorato: ci sono meccanici, agricoltori, perfino un parrucchiere. Sono cristiani e musulmani, abitano insieme in due appartamenti offerti gratuitamente dal Capitolo della Collegiata, la quale disporrebbe di una terza residenza, attualmente libera, che sarà occupata all'occasione. Sul territorio arcense erano già presenti altri richiedenti asilo, ospitati presso privati, altri ancora presso le strutture messe a disposizione da altre realtà religiose come la parrocchia di Vigne, i padri Scalabriniani e le suore di San Pancrazio. Tutti però accomunati dal silenzio che ha accompagnato il loro arrivo.

Il metodo adottato dalla parrocchia: «Bisogna agire per far sì che questi ragazzi si ambientino, senza aspettare che arrivino i finanziamenti per i progetti. Si muovano le associazioni, non solo di matrice cattolica come Caritas e Oratorio. Vengano valorizzati per ciò che sanno fare, ma in modo semplice, senza megafono, è presto perché vadano a testimoniare nelle scuole». L'appello di Sommavilla è rivolto a realtà giovani come la Sat, come le società sportive, perché raccolgano la sfida posta dai nuovi cittadini ospitati ad Arco. «Perché, vede, visto che non possono lavorare, questi ragazzi vengono messi a pulire le strade, ad esempio a Trento. Ma, come dire, è poco! Mi sembra che così non si valorizzi la persona, che invece ha delle sue proprie inclinazioni e capacità. Ad esempio, il “nostro” parrucchiere: lui potrebbe fare le treccine, magari in oratorio, che sarebbe un modo per farsi conoscere nella comunità».

L'aiuto su cui conta don Walter, oltre alla Provvidenza, si chiama Soma, è un ragazzo del Mali da anni a Trento, dove fa l'imprenditore. Lui è un esempio di integrazione, di chi dal niente ha realizzato un sogno economico e affettivo, lavoratore e padre di un bambino. Soma e il don sono amici, e il consiglio di un ex-richiedente asilo è prezioso: «Spesso Soma mi dice che noi non possiamo capire, ed è vero, sono esperienze a volte così disperate che restano nascoste nei ricordi di chi le ha vissute».

La parrocchia sta ragionando su come attivare anche un processo di integrazione insieme ad associazioni e istituzioni. La priorità è certo che i richiedenti asilo imparino la lingua, ma è importante anche introdurli nella comunità. Per questo insieme a Noi Oratorio Arco si sta lavorando a una partita di calcio che coinvolga giovani di tutti i colori. Il Natale poi sarà un momento di unione e convivialità: il gruppo Fra Tuck sta organizzando il pranzo del 25 dicembre da passare in compagnia.

La cosa più importante, però, è abbattere quel «barbarismo strisciante nella società, che ci dice di avere paura del diverso”. “Ad Arco – conclude don Sommavilla – i cittadini arcensi che vengono dal mondo sono 1780. Se diventano 1800, cosa cambia?».

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