Winter, 10 anni caldi

L'esperienza lanciata da don Luigi Giovannini continua a lasciare il segno

Quattro giorni – dal 27 al 30 dicembre – di lavori di gruppo, testimonianze e discussioni per capire meglio gli “altri” e imparare a relazionarsi con loro. E’ stato il tema della decima edizione di “Winter”, intitolata appunto “The others (Gli altri) – Un altro punto di vista”, il ritiro spirituale che don Luigi Giovannini, parroco di San Giuseppe di Rovereto ed organizzatore delle settimane estive a Taizè per i giovani trentini, propone tutti gli anni dal 2006. Inizialmente, “Winter” si teneva a Predazzo; dal 2013 a Rovereto.

Una novantina di ragazzi di tutto il Trentino (assieme a loro, quest’anno, anche un gruppo di studenti bolognesi), per vivere un’esperienza in stile Taizè ospiti del Centro Pastorale “Beata Giovanna” e nell’oratorio “Rosmini”.

Non sempre chi è “altro” riesce ad accettarsi con facilità. Molto spesso, il cammino verso l’accettazione della propria unicità è impervio e lungo, perché la persona non riesce a ritrovare se stessa in un retroterra culturale che le è estraneo e le offre come chiavi per la conoscenza di sé solamente degli stereotipi. Questo può far nascere un conflitto interiore, di cui ha parlato il dottor Gregorio Pezzato, affrontando il tema dell’omosessualità. “Una persona omosessuale – ha raccontato Pezzato – impiega in media tra i 7 e gli 8 anni ad accettare se stessa”. È forse per questo che bisognerebbe cercare di riconoscere il valore della persona – di ogni persona, a dispetto della sua diversità -, perché “dietro all’unicità di ognuno c’è un mondo”, ha aggiunto Pezzato. La sfida, quindi, è quella di non dare etichette, di andare al di là della distinzione tra “omossessuali” ed “eterosessuali”, di accogliere ed ascoltare l’altro semplicemente, facendo silenzio dentro di sé.

Non sempre chi è “altro” rispetto a noi, inoltre, parla il nostro stesso linguaggio. L’ha spiegato don Luigi Giovannini parlando delle differenze tra ragazzo e ragazza, due mondi a tratti diversissimi che devono trovare la capacità d’incontrarsi e di riconoscere il proprio valore.

L’incontro è forse l’aspetto più cruciale e necessario per relazionarsi all’”altro” ad essere emerso da queste giornate trascorse a Rovereto e dalle testimonianze: di Silvia Valduga, che si occupa del progetto speciale per i richiedenti asilo in Vallagarina, di Abdullah, senegalese in Italia da 5 mesi, e di Soma, maliano in Italia da 5 anni. Silvia ha raccontato delle relazioni da costruire col territorio per le persone che appena arrivate in Trentino si erano sentite “altro”. Abdullah della sua fuga da un Paese, il Senegal, devastato dalle bande armato: ha pagato 600 dinari libici, corrispondenti a circa 400 euro, per salire su un gommone che lo portasse dalle coste della Libia a quelle della Sicilia.

Soma, in fuga per l'esproprio della sua terra da parte del governo del Mali, dopo essere fuggito in Libia ed essere arrivato in Italia, ha adesso un negozio a Trento, “All’ombra del Baobab”.

Durante le giornate, oltre alle preghiere in stile Taizè, i ragazzi hanno potuto scegliere tra vari workshop su volontariato, politica internazionale, danza, spiritualità, mafia, teatro ed immigrazione. “Mi è piaciuto un sacco poter parlare con persone che vivono le realtà di cui ci hanno parlato. È completamente diverso dal leggere un articolo su Internet: si vede la persona parlare, si crea un’atmosfera di vicinanza e di comprensione maggiore, si notano le emozioni della persona mentre racconta il suo vissuto”, racconta Gabriele, uno dei partecipanti a quest’esperienza.

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