Quando la memoria si può toccare

Toccare per far rivivere, con dita generose, persone e parole. Toccare per accarezzare con delicatezza quel volto che appartiene ad un ragazzo, ad una ragazza come me, sfiorarlo con dolcezza trattenendone il calore, l'umanità, lo sguardo per poi restituirlo, integro, prestando tatto, vista, udito e olfatto a coloro che hanno visto la loro gioventù annientata, spezzata, incenerita, resa fumo per ricordare che hanno vissuto e che le loro vite non sono state indegne.

È l'emozionante e coinvolgente messaggio racchiuso in "Touch. Sensi della memoria", la mostra fotografica realizzata dai fotografi Piero Cavagna e Giulio Malfer insieme agli studenti trentini che hanno partecipato al Treno della Memoria, inaugurata a Trento lunedì 25 gennaio nella sala conferenze della Fondazione Caritro che ha sostenuto il progetto e la ospiterà fino al 31 gennaio (9 – 12 e 14.30-17.30, gradita la prenotazione per le scuole)

"Un modo innovativo e particolare di fare memoria, non una semplice commemorazione", ha commentato Cavagna, spiegando l'idea alla base di un'iniziativa in cui veri protagonisti sono i giovani. Dopo la toccante esperienza vissuta andando a visitare i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, in Polonia, sono loro adesso a toccare e far risuonare corde interiori che risvegliano ricordi e li mantengono in vita, traendoli fuori dall'oblio del passato, e proiettandoli nel futuro dopo averli intessuti nel presente.

Un'opera di intreccio e testimonianza che, nel far tornare alla luce il volto di non c'è più, ha valore immenso se a portarla avanti sono le giovani generazioni poiché, come ha ricordato nel suo intervento Renzo Fracalossi, non bisogna neppure dimenticare che vittime e carnefici erano giovani che avevano circa la stessa età. "Non serve alcuna giustificazione per eliminare vite indegne. Lo scrisse Hitler nel Mein Kampf” – ha spiegato rivolgendosi agli studenti presenti in sala -. Ho conosciuto Shlomo Venezia, ebreo di origine italiana che viveva a Salonicco. Per 46 anni ha taciuto, poi ha iniziato a raccontare ciò che era sepolto nel suo cuore, capendo che era importante parlarne per restituire dignità a chi aveva perso la vita".

Ogni partecipante al Treno della Memoria sceglie un coetaneo ucciso nei campi polacchi, ne scrive il nome su una garza di cotone che tiene nella memoria con l'impegno ad averlo sempre vicino come un caro amico e con la mostra il "tocco" si fa ancora più reale e prolungato. "Ricordare si riferisce alla partecipazione emotiva personale, rimembrare allude alla comunità nel suo insieme”, ha detto Cavagna, ringraziando i docenti e gli studenti dei tre licei coinvolti, l'Istituto Pavoniano Artigianelli per le Arti grafiche di Trento, il Liceo Artistico Giovanni Pascoli di Bolzano e il CFP Enaip, Istituto per il Legno di Tesero.

È stato così realizzato un cofanetto in cirmolo, scelto proprio perché è un legno profumato, ognuno dedicato alla memoria di un giovane scomparso nella Shoah: "Ogni scatola è unica, abbiamo creato qualcosa che rappresenta l'esistenza così com'è, con le sue imperfezioni e la sua diversità". Al suo interno ci sono un libretto che può essere usato per percorsi di sensibilizzazione nelle scuole e una serie di immagini: strofinando la superficie nera appaiono i volti dei ragazzi "cancellati" per effetto dell'inchiostro termocromico che reagisce al calore di dita che restituiscono nomi ai numeri e luce a vite inghiottite dall'oscurità.

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