L’eredità di Paolo Prodi

In Trentino investì il suo bagaglio di conoscenza ed esperienza nel disegno di un'Università regionale ponte tra cultura mediterranea e cultura germanica

Quella di Paolo Prodi a Trento fu “un'avventura” esemplare, caratterizzata da idee forti e tuttora molto attuali, che vale la pena riscoprire.

Questo l'intento del saggio curato da Mauro Marcantoni e Franco Sandri (“Paolo Prodi. La mia avventura trentina”, Fondazione Museo storico del Trentino 2015), che ripercorre gli anni trentini del noto storico bolognese, chiamato nel 1972 da Bruno Kessler a guidare l'Università. Prodi fu promotore di una vasta riflessione sul ruolo che il sistema formativo, dalle scuole dell'infanzia sino agli studi universitari, doveva avere nel quadro dell'Autonomia. “Ritornando agli anni Settanta – scrive Paolo Pombeni nell'introduzione al libro – si percepisce quanto l'eredità di quella stagione sia viva ancora oggi; non solo perché si vedono le radici di risultati brillanti che sono stati ottenuti, ma perché si coglie anche la consapevolezza che allora già c'era una serie di criticità che a quarant'anni di distanza rimangono ancora in campo”.

Il “racconto”, spiega Franco Sandri, si attiene ad una lunga conversazione informale avuta con Paolo Prodi qualche anno fa. Arricchiscono la traccia l'esperienza professionale condivisa presso il settore Istruzione della Provincia Autonoma di Trento (negli anni '70) e qualche documento di allora.

Il bene più alto che l’uomo può avere – diceva Paolo Prodi – è quello della conoscenza e, attraverso la conoscenza, di poter promuovere se stesso e il mondo attorno. Coerentemente, nel suo progetto di formazione, il 'sistema scolastico' è inteso come fondamento di ogni crescita personale e collettiva, nella dimensione sociale, economica, politica, istituzionale. Una visione d'insieme della scuola quale organismo vivente che accompagni singoli e comunità nel processo di educazione permanente, dalla primissima infanzia all'età adulta e lavorativa, senza limiti di tempo e in ogni segmento della vita e della società; con l'Università quale momento di sintesi, rielaborazione, ricerca, proposta e verifica. Le varie istituzioni finalizzate alla formazione dovevano essere in rete e in rapporto osmotico con la società nelle sue plurime espressioni di vita: 'sistema scolastico' che diventi 'comunità educante'.

“Erano slanci e intuizioni che Paolo Prodi – spiega Franco Sandri – immetteva nei suoi progetti istituzionali, ripetendoli in modo martellante, e che per noi, collaboratori al suo fianco, erano direttrici e stimoli al proporre e al fare”.

Nacque il 'Progetto di distrettualizzazione del Trentino', con il programma di strutture scolastiche diffuse – secondo ordini e gradi – su tutto il territorio, quale risposta programmatica al concetto che Kessler volle come filosofia di fondo del Piano Urbanistico Provinciale: portare l' “effetto città” in ogni angolo del Trentino, offrendo risposta ai problemi territoriali anche con i servizi formativi: strutture aperte nel loro utilizzo a tutta la comunità, nel concetto di scuola “a tempo pieno”, non solo per il momento didattico; con spazi che anche architettonicamente fossero una finestra sulla comunità esterna, accessibili in pluriuso anche alle organizzazioni culturali, sociali, produttive, sportive.

Se la mission del sistema scolastico trentino era quella di costituire il centro-motore della formazione di tutta la comunità, in questa visione l’Università doveva essere crogiuolo di tensioni locali, nazionali e otre; con un respiro europeo che trovava base strutturale nell’essere – secondo il progetto di Prodi – Università regionale e bilingue, sui due poli di Trento e Bolzano, e proiettata verso il mondo germanico.

Il racconto di Sandri e Marcantoni spiega anche come questo clima di grandi aspettative di assopì lentamente, senza entrare nelle cause gestionali e politiche (un “campo minato” che lasciano “a chi di dovere”). Rimane il pensiero intelligente e lungimirante di Paolo Prodi, “un'eredità considerata come punto di riferimento da chi oggi volesse riprendere il discorso sullo sviluppo del nostro sistema educativo”.

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