“Daranno un forte un contributo per la pace”

Luigi Sandri interviene sull'incontro storico tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kyrill il prossimo 12 febbraio a Cuba

Ha avuto un risalto mondiale l'annuncio dello storico incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kyrill di Mosca e di tutta la Russia il prossimo 12 febbraio a Cuba.

Il Papa farà scalo presso l'aeroporto internazionale José Martí dell'Avana prima del suo viaggio in Messico, mentre il Patriarca sarà in visita ufficiale.

Un incontro che avviene “per grazia di Dio” – afferma il comunicato congiunto – e che “comprenderà un colloquio personale e si concluderà con la firma di una dichiarazione comune”.

Sia il Patriarcato di Mosca che il Vaticano parlano di “una tappa importante nelle relazioni tra le due Chiese” e di “un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà”.

Un incontro mai avvenuto prima tra un Vescovo di Roma e un Vescovo di quella che viene chiamata la «terza Roma», dopo la sede del successore di Pietro e Costantinopoli, sede del successore dell’apostolo Andrea.

Anche Luigi Sandri, giornalista trentino e corrispondente negli anni Novanta dell'Ansa da Mosca, riconosce che si tratta di un evento epocale. “Sono passati 500 anni, dallo scisma tra le Chiese di Occidente e Oriente, sono stati secoli di divisione drammatici. I due Primati avevano la necessità di arrivare a questa apertura”.

Ricordiamo i motivi dei disaccordi?

In estrema sintesi, gli ortodossi non riconoscono il primato papale così come è andato configurandosi negli ultimi secoli. Dall’altra Roma, con il Concilio Vaticano II, ha imboccato la strada dell’ecumenismo e questo inevitabilmente ha portato all’incontro tra le due parti, la prima Roma e la seconda, il patriarcato di Costantinopoli, in cammino ecumenico da 50 anni. Mentre con la Chiesa ortodossa russa, che governa due terzi dei 200 milioni di ortodossi nel mondo, non c’è mai stato un incontro ai massimi vertici.

Perché proprio a Cuba?

A favorire la scelta è stata la concomitanza tra il viaggio del Papa in Messico e la visita del Patriarca di Mosca in America Latina. Poi, diciamo così, Cuba è un luogo “neutro”, ma significativo e simbolico per entrambe le parti: nell’isola caraibica, non dimentichiamo per 50 anni nell’orbita sovietica, vive ancor oggi una minoranza di ortodossi russi, una presenza che fonda le sue radici ancor prima della rivoluzione di Fidel Castro. Dall’altra la Santa Sede da sempre ha svolto un ruolo di mediatrice per la pace nelle due guerre mondiali. Quindi, un vertice in un territorio crocevia per dire che le “due Rome” oggi guardano al mondo e al futuro.

Un vertice che darà un grande contributo alla causa ecumenica, ma non solo. Cosa dobbiamo aspettarci dalla firma della Dichiarazione comune?

Segnerà una tappa di disgelo importante nelle relazione tra le due Chiese, bisognerà capire se saranno risolti i problemi storici anche interortodossi. Certamente il tema della persecuzione dei cristiani sarà al centro dell'incontro.

Tra gli altri nodi da sciogliere?

La Dichiarazione finale a Cuba sarà importante anche per affrontare il rapporto con la modernità. In merito l’ortodossia russa a livello di vertice è radicalmente all'opposto su alcune conquiste legate alla riforma protestante, come per esempio la presenza della donna nei ministeri e nell’episcopato, l’accettazione delle unioni omosessuali.

Un incontro di portata storica che precede tra l’altro il sinodo panortodosso a Creta il prossimo 19 giugno?

Il primo dopo 12 secoli. L'incontro del 12 febbraio di sicuro favorirà un clima migliore per il sinodo in Grecia che, indirettamente, dovrà affrontare il nodo che divide l’ortodossia dal cattolicesimo, come detto, il primato papale e l’infallibilità pontificia due dogmi fissati dal concilio I nel 1870 sono inaccettabili dagli ortodossi.

Quale impatto sociale avrà l'incontro tra i due Primati?

Nella dichiarazione comune i due Primati insisteranno sulla difesa della pace. Pensiamo alla delicata questione dell’Ucraina e agli aspri conflitti in Medioriente. Suppongo che i due leader diranno parole forti affinché tutte le Chiese diano il loro contribuito e s’impegnino per la pace. Ma la pace esige un prezzo: sarebbe scandaloso se le Chiese chiedessero la riconciliazione e non fossero capaci di superare i loro problemi millenari.

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