Sos per il latte di montagna

dida Mauro Fezzi, presidente degli allevatori trentini “bisogna puntare sui prodotti del latte legati al territorio, e non sulla materia prima

Cresce la preoccupazione tra gli allevatori in Trentino per il crollo del prezzo del latte.

La liberalizzazione, il venir meno del sistema europeo delle quote, che in qualche modo garantiva una barriera contro l’incremento di produzione, e il calo dei consumi hanno portato pesanti effetti sul mercato locale.

A lanciare l’allarme anche Coldiretti nazionale: oltre mille stalle da latte chiuse nel corso del 2015, il 60 per cento delle quali si trovava in montagna. Attività che chiudono “perché il latte agli allevatori viene pagato al di sotto dei costi di produzione con una riduzione dei compensi – secondo lo studio di Coldiretti – fino al 30 per cento rispetto allo scorso anno e valori inferiori a quelli di venti anni fa”. A fronte di una produzione nazionale di circa 110 milioni di quintali di latte – evidenzia ancora l’indagine – “sono 85 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente dall’estero che viene “spacciato” come italiano per la mancanza di una etichettatura trasparente sull’origine”.

Per tamponare l’emergenza a sostegno dei produttori di latte nelle prossime settimane (non oltre il 30 giugno) sono in arrivo 25 milioni di euro ottenuti da Bruxelles e ed è stato attivato l’aumento della compensazione Iva al 10 per cento. Ad annunciarlo il ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina, nel vertice che si è tenuto a Roma il 25 febbraio scorso con gli assessori regionali all’agricoltura, in particolare dei territori alpini e dell’Euregio.

La quota per il Trentino si traduce in un piccolo aiuto, quantificabile in circa 1-2 centesimi al litro di latte conferito negli ultimi due mesi, una cifra che sarà definita dopo che i caseifici avranno comunicato l’esatta quantità di latte prodotto.

Un minimo contributo, ma non sufficiente per salvare il comparto. Per Mauro Fezzi, presidente della Federazione degli allevatori trentini, “bisogna puntare sui prodotti del latte trasformato legati ad un territorio incontaminato, e non sulla materia prima”.

Per uscire dalla crisi occorre sviluppare strategie nel medio-lungo periodo. “L'unica àncora di salvezza per difendersi sul mercato – suggerisce Fezzi – è il sistema cooperativo, lavorare tutti insieme sui nostri prodotti lattiero-caseari, pensiamo al Trentingrana, al Casolet, al Puzzone di Moena, che possono incorporare al loro interno i valori del territorio e l’impegno degli allevatori. Bisogna far passare come scelta fondamentale per i consumatori la certezza della provenienza, della qualità e salubrità della dei prodotti”.

In prima fila nell'incontro a Roma la Provincia autonoma di Trento che, con quella di Bolzano, il Tirolo ma anche la Baviera, sta mettendo a punto, di concerto con il parlamentare europeo Herbert Dorfmann, un'azione comune nei confronti di Bruxelles affinché sia attivata una OCM (Organizzazione comune di mercato) riservata al latte prodotto nelle zone di montagna, al pari di quanto già si prevede per il settore dell'ortofrutta.

Al ministro Martina è stata chiesta un'azione forte del governo italiano presso l'Unione europea affinché siano varate misure urgenti per proteggere gli allevatori e produttori di latte dalla continua erosione del proprio reddito: dall'etichettatura dei prodotti ad un Fondo per la stabilizzazione del reddito dei produttori e sostegni per la promozione dei prodotti derivati del latte sui mercati.

Intanto, a livello provinciale è stata costituita una task force. “Stiamo pensando di intervenire con un pacchetto di azioni – spiega l'assessore provinciale Michele Dallapiccola – che vanno dalla previsione di una misura compensativa rivolta ai produttori, al lancio di iniziative promozionali, anche di forte impatto, dei prodotti trentini derivati del latte orientati sia gli operatori del turismo sia ai circa 30 milioni di turisti che ogni anno scelgono il Trentino per le loro vacanze”.

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