L’Europa difficile

Da una parte il vertice europeo con la Turchia, dall’altro il bilaterale italo-francese in cui si è parlato di Libia: è un’Europa sempre più in difficoltà quella che si presenta ai nostri occhi in questi giorni di alta tensione.

Il negoziato sui profughi con un governo certo non particolarmente affidabile come è quello di Ankara è servito solo a mettere in mostra le tensioni che esistono all’interno dei 27 membri della UE. Ovviamente con la Gran Bretagna che ha già il privilegio del cosiddetto opting out, cioè la possibilità di non essere vincolata alle decisioni comunitarie per quel che riguarda la gestione di Schengen, ridurre alla ragione i membri riottosi è un’impresa praticamente impossibile. I paesi dell’Est in maniera molto esplicita, altri in forme più camuffate non vogliono sentir parlare di ripartizione obbligatoria dei rifugiati, ma tutti sanno che sono in arrivo ondate migratorie cospicue che in qualche modo vanno contenute. Sia l’aggravarsi della situazione nel Medio Oriente allargato (si va dall’Afghanistan alla Siria), sia le difficoltà notevoli con cui si misura l’Africa, dove la popolazione è enormemente cresciuta negli ultimi decenni e dove c’è, oltre tutto il resto, una emergenza climatica che espande la desertificazione, sono fattori che ammassano disperati ai confini dell’Europa.

La Turchia sfrutta la sua posizione di porta d’ingresso e senza pudore chiede soldi e chiede vantaggi. I soldi sono un problema, ma tutto sommato relativo, i vantaggi sono molto più problematici. Certo la richiesta di accelerazione del processo di ammissione nella UE suscita alzate di scudi visto che il regime di Erdogan non sa neppure cosa sia il rispetto delle libertà fondamentali, ma non è questa la difficoltà più importante. La Turchia ha chiesto praticamente libertà d’ingresso in Europa per i suoi cittadini e questo è un problema tutt’altro che semplice da gestire, sia perché abbiamo già minoranze turche molto consistenti specie in Germania e queste attirano nuova immigrazione, sia, ed è ancora più preoccupante, perché è alto un timore che non si può esprimere, e cioè che con un po’ di soldi i migranti ammassati in Turchia possano comprarsi passaporti turchi falsi con i quali poi non avrebbero più difficoltà a circolare in Europa.

Al momento il negoziato si è arenato, ma dovrà per forza di cose riprendere. La pretesa di chiudere la rotta balcanica è una risposta per tenere buoni i vari populismi ma non risolvere alcun problema: i flussi troveranno altre strade, e non si potranno fermare a meno che l’Europa non voglia davvero dare un colpo mortale a quella libertà di commercio su cui si regge una parte non piccola del suo benessere economico.

In questo clima le alleanze si fanno e si disfano in continuazione. Adesso l’Italia è in buona sintonia con la Merkel, mentre il governo di Vienna si allea con l’ungherese Orban, e mentre le istanze comunitarie appaiono sempre più spiazzate e messe all’angolo. Cercano di tenersi in piedi con l’esercizio dei controlli sui bilanci, ma non è che sia una strategia che le porterà lontano.

Intanto sulla sponda libica il caos aumenta. Come si sta vedendo nella questione dei nostri ostaggi è tutto un gioco di ripicche fra fazioni e gruppi armati ciascuno dei quali cerca di accreditarsi. C’è da chiedersi che lavoro abbiano fatto i mediatori ONU per arrivare ad un fallimento così clamoroso come si è rivelato l’accordo per un governo unitario che non è mai decollato, né sembra avere prospettive di farlo ora.

Di fatto la guerra all’Isis rafforza anziché il governo centrale tutti i ras locali, che hanno capito che basta si dichiarino contro il sedicente Califfato per trovare sostegno e ascolto in qualcuno dei numerosi gruppi di intervento armato che gli europei hanno cercato di impiantare nel paese. Consapevole della situazione Renzi cerca di tenersi fuori da un conflitto che non si capisce quali obiettivi potrebbe avere, visto che non può certo puntare all’occupazione della Libia, ma d’altro canto non sa a favore di chi potrebbe intervenire oggi senza incentivare ulteriormente il frazionismo nel paese.

Quanto potrà durare questa specie di guerra strisciante non si riesce a prevedere, ma intanto incalza la questione migranti che in terra di Libia ha una presenza robusta. Con la Turchia che tiene tutti sulla corda non è che sia una gran prospettiva.

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