Lo stagionale? Anche a ottant’anni

Fino a che età si può sciare? A quanto pare non ci sono limiti. Secondo i dati forniti dagli uffici del Superski Dolomiti sono 158 gli ultraottantenni, ovvero nati dal 1° gennaio 1936, che hanno acquistato per l’inverno 2015 – 2016 un abbonamento stagionale valido su tutte le piste del grande carosello sciistico. Altri 107 sono in possesso di un pass solo valligiano.

Il record è di un centenario che ogni anno trascorre una settimana bianca – rigorosamente sulle piste – in Val Badia. Anche in Fiemme e Fassa non mancano gli sciatori ultraottantenni, tra questi Cecilia Pedrotti, classe 1932 di Bellamonte (Predazzo) che ogni anno acquista un abbonamento stagionale e affila le lamine degli sci.

Non è una sciatrice della domenica che si accontenta di saltuarie comparse sui campi da sci. Appena possibile percorre con continuità le piste dell’area dolomitica. Quando è sola sale in macchina e in pochi minuti è alla stazione di partenza di Castelir per affrontare le piste del comprensorio Lusia – Bellamonte. “Amo lo sci, è il mio sport preferito”, afferma. “Nella bella stagione mi muovo a piedi ma affrontare le salite in montagna costa fatica. Lo sci alpino invece non impegna particolarmente l’apparato cardio – respiratorio, piuttosto le articolazioni e il sistema scheletrico”.

Cecilia Pedrotti non ha praticato molto lo sci durante la sua vita. Di origine trentina ha vissuto per molti anni a Sesto San Giovanni (Milano). Dopo la laurea in chimica si è dedicata all’insegnamento e quindi non ha avuto possibilità di trascorre lunghi periodi sulla neve. “Ho iniziato a praticare con costanza lo sci da pensionata – continua – e ho migliorato il mio stile che prima andava appena oltre lo spazzaneve. Ho la fortuna di abitare poco distante dalle piste quindi posso sfruttare ogni momento per andare sulla neve. Se c’è la compagnia giusta mi muovo in altre zone in giornata oppure pernotto in località sciistiche delle Dolomiti”.

Nel 2001, nello scendere dalla “direttissima Le Cune – Campo”, una “nera” lunga 820 metri, si frattura una spalla. Per gente normale è il momento di attaccare gli sci al chiodo, ma non per Cecilia. Dopo la sosta forzata per l’intero inverno, ha ripreso a sciare senza alcun problema. Ora indossa anche il casco perché in pista ci vuole prudenza, ma rimpiange quei bei copricapi di lana utilizzati quando era più giovane. “Non seguo un regime alimentare rigido”, spiega candidamente. “Mi piace variare la dieta senza farmi mancare nulla”.

La grande vitalità di Cecilia non si limita alla condizione fisica ma è sopratutto mentale. Per tutta la vita ha avuto a che fare con i processi di apprendimento. Tra i banchi di scuola è rimasta giovane e ora, da pensionata, non ha mandato la mente in soffitta. Nonostante la formazione scientifica si interessa di filosofia e teologia. Per anni ha frequentato il segretariato ecumenico di Milano dove ha potuto seguire il confronto tra teologi, cattolici, valdesi, luterani e ortodossi allargando la sua visione sul sacro. A Trento si è iscritta alla scuola teologica seguendo il corso triennale e affrontando tutti gli esami.

“Coltivo con passione la storia della Chiesa e le problematiche di fede. Purtroppo i nostri parroci non riescono a tenere aggiornata la formazione avuta in seminario. Il risultato – spiega ancora Cecilia Pedrotti – è davanti a noi. Da una parte assistiamo a una fede molto tradizionale e cristallizzata mentre i più giovani si allontanano senza alcuna formazione. È un vero peccato – conclude – perché, credenti o no, proveniamo tutti da una comune radice cristiana che è legata intimamente alla nostra cultura”.

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