Così parlò da vicario

“Il nostro Occidente implode in se stesso per la mancanza di ardimento, l'incapacità di uscire, di prendere il largo e di superarsi: da questo punto di vista, vedo il nostro mondo morire di buonsenso. Tanti problemi nei quali oggi ci incartiamo credo che si possono ricondurre a scelte di piccolo cabotaggio, miopi, ben calcolate, dove se do qualcosa mi aspetto subito un ritorno; altrimenti non investo nulla. Questo equilibrismo tra dare ed avere uccide qualunque movimento di vita, tiene fermi al palo… Occorre tornare a Gesù Cristo, alla sua follia, al suo essere esagerato, sopra le righe. Abbiamo bisogno di più follia e meno buon senso”.

(Intervista a Vita Trentina dopo l’incarico a Vicario generale della Diocesi di Trento, 2007)

“Il malato è il grande assente nelle nostre comunità. Ma chi non ha in agenda l'attenzione ai malati, vuol dire che non tiene in agenda Dio! Mettere al centro il malato è un guadagno per una comunità, perché 'il malato rende': i malati ci obbligano a pensare e stare in silenzio, a ridefinire noi stessi attorno al Vangelo; ci portano a scoprire la relazione come un bene inestimabile; ci educano alla compassione; ci insegnano l'umiltà di chi ha sempre bisogno dell'altro; ci mostrano il volto dell’eternità”.

(Convegno diocesano Pastorale della salute, 30/1/2011)

“Essere dalla parte dei poveri non significa essere uomini di strada, quasi che stando in mezzo ai poveri automaticamente siamo uomini del vangelo; essere dalla parte dei poveri significa immergersi con chi sta ai margini, frequentarli per scomparire in loro, stare sotto per fare in modo che emerga l'altro, è chiedersi se nel nostro agire l'obiettivo è il bene dell'altro o il nostro, è frequentare Gesù Cristo e imparare da lui”.

(Assemblea degli animatori missionari, 24/10/2015)

“Voi giovani siete la prova che la fede sopravviverà, più vi guardo e più penso che siete molto simili a Gesù, più di quanto pensiate”. “Il Dio cristiano ama le feste, la vita: ascolta non giudica, non cerca il suo interesse ed è maestro di coerenza. È un Dio adrenalinico del quale far esperienza nelle comunità perché la Chiesa non è altro che questo: persone che cercano di vivere da Gesù! Non è dunque un Dio lontano dalla vita come a volte ci può sembrare. È la vita!”.

(Festa degli adolescenti, 18/10/2013)

“È bellissimo questo Dio che vi invita a fare sogni grandi e ad avere uno sguardo che va oltre il solito quotidiano. Un Dio, figlio del falegname di Nazareth, che non ha avuto paura di d'imparare e di ascoltare l'arte del vivere e che riconosce la grandezza di ogni uomo che ci sta accanto; che frequenta la periferia, gli sconfitti e i vinti, per dire all'uomo che il benessere di un popolo consiste nello stare al fianco di chi fa fatica; che partecipa alle feste e ai banchetti della storia, per insegnare l'arte delle relazioni, dell'asciugare le ferite e ci indica che la vera festa è lì dove l'uomo soffre e vive”. “È il Cristo ‘del grembiule’ che ci chiama a consumare noi stessi nel dono, come Lui ha fatto, e fa trovare la vera ricchezza in quello che si è e non in quello che si fa”.

(Ai giovani, Pellegrinaggio notturno da Montagnaga di Pinè, 31/5/2013)

“Il cristianesimo è per forza comunità, la fraternità è frutto maturo della Chiesa, è la grande profezia cristiana. Se non sai gioire del volto dell'altro, sei un bestemmiatore!, sei un senza Dio!”.

(Assemblea diocesana, 21/09/2013)

“Donateci i vostri sogni, fate sì che le nostre comunità tornino a sognare; insegnateci la capacità di fare fatica, l'arte di tener duro nei momenti difficili; rieducateci alla fatica, alla responsabilità, all'impegno”. “Non siamo più capaci di creare vita comune. È terribile l'autoreferenzialità che porta ad avere paura degli altri, è terribile pensare che oggi l'uomo possa muoversi sull'avere, sul possedere e non sappia rendersi conto che il bene autentico è in altri valori e che si raggiunge in comunione con gli altri, bianchi o neri, famosi o umili, nostri concittadini o provenienti da altre terre”.

(Ai migranti, Giornata mondiale delle migrazioni a Pergine, 19/1/2014)

"L’uomo è dominato da una volontà di potenza che lo porta a ignorare gli altri, illudendosi di poter elaborare un progetto di vita basato unicamente sulla sua possibilità di autodeterminarsi. Anche l'esperienza religiosa è impregnata del mito dell'autorealizzazione: più che credere in Dio, confidiamo nell'io elevato a divinità a nostro uso e consumo. Ma un uomo egocentrato che pensa di avere risposte per ogni cosa e non risponde delle sue azioni a nessuno, è un pericolo per se stesso e gli altri. Il Vangelo è la lettera d'amore che Dio ha scritto agli uomini: rivela il volto di un Dio innovativo, che semina ovunque, perdona sempre, agisce in modo gratuito e disinteressato nel dono di sé che arriva fino a sacrificare la vita del figlio. In un mondo in cui tutti vogliono apparire, la gioia sta nello scomparire e fare spazio alla vita degli altri, scoprendo che siamo fatti per la fraternità, dimensione donante che genera la Chiesa".

(Convegno catechisti, “Raccontare ai ragazzi il volto di Dio”, 14/11/2015)

”Forse le nostre comunità sono un po' troppo burocratiche, magari anche un pochino litigiose. Dobbiamo rivedere la nostra dimensione comunitaria, prendere un po' più sul serio la responsabilità di annunciare il vangelo come bellezza, anche per realizzarsi come persone. È la comunità cristiana nel suo insieme che può generare giovani che sentano l'Amore come una dimensione appagante per la loro vita”.

(Incontro pastorale sull’educazione all’amore, marzo 2010)

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