Dentro i simboli del servizio

Il liturgista mons. Giulio Viviani ci guida a comprendere il significato della celebrazione del 3 aprile e tutti i segni che la caratterizzano

Mons. Viviani, cosa comporta la consacrazione di un vescovo?

Va precisato che oggi, dopo il Concilio Vaticano II, si usa parlare di Ordinazione episcopale; si può dire anche consacrazione, ma è un termine lasciato ad altri momenti liturgici. Con questo rito infatti si entra nell’Ordine sacro nei suoi tre gradi: Diaconato, Presbiterato ed Episcopato. Don Lauro, dopo essere stato ordinato diacono e quindi presbitero, ora con l’episcopato entra così nella pienezza del Sacerdozio.

Che cosa è indispensabile per ordinare un Vescovo?

Anzitutto, come in ogni sacramento peraltro, mi vien da dire che ci sia una persona, in questo caso che ci sia un sacerdote! Poi che ci sia l’azione dello Spirito Santo: è lui che “ordina”, che consacra. Infatti la prima cosa che faremo nell’Ordinazione sarà quella di cantare il Veni Creator Spiritus per invocare con tutta la comunità riunita lo Spirito Santo. E qui allora è necessaria già nelle settimane precedenti la preghiera di tutti noi. Poi ci vuole il Mandato o la “Bolla” del Papa: senza il suo consenso, non si diventa vescovi. Domenica essa sarà richiesta dal celebrante e quindi mostrata e letta davanti a tutta l’assemblea all’inizio del rito. Infine è necessaria la presenza di almeno tre Vescovi. Per don Lauro ci saranno Mons Luigi Bressan, Amministratore Apostolico di Trento e suo predecessore; il Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia e il Vescovo della Diocesi suffraganea di Bolzano- Bressanone Mons, Ivo Muser.

Suffraganea?

Sì, perché don Lauro diventa Arcivescovo Metropolita di Trento che dal 1964 è sede della Provincia Ecclesiastica Tridentina che comprende l’Arcidiocesi di Treno e la Diocesi di Bolzano-Bressanone.

Così è significativa, come secondo la tradizione già con San Vigilio, la presenza del Patriarca di Venezia (allora Aquileia), Metropolita della Regione Ecclesiastica del Triveneto e Presidente della Conferenza Episcopale Triveneta (di cui attualmente è Vice Mons. Bressan). In questo seno appare importante un’altra dimensione dell’episcopato: avere una comunità. Un Vescovo non esiste da solo, per se stesso, senza un preciso riferimento a una determinata Chiesa, che in genere è una Diocesi.

L’ordinazione avviene a Trento.

Certamente, perché il Vescovo eletto (da notare che nelle celebrazioni liturgiche, nelle preghiere, non si usa il termine di Arcivescovo ma solo di Vescovo) è del clero di Trento e soprattutto perché diventa Vescovo di questa città e diocesi. Il suo luogo proprio è il duomo, dove c’è la sua cattedra, simbolo non del potere ma del magistero (cioè insegnamento, o meglio evangelizzazione) e del servizio che come Pastore e “Sacerdote” è chiamato ad esercitare. Essa avviene nella celebrazione della Messa, dopo l’accoglienza e il saluto dalla gente e delle autorità in piazza Duomo e della comunità ecclesiale in cattedrale.

Quali sono i segni, le vesti del Vescovo?

Nella normalità della giornata e della vita il Vescovo veste come un normale sacerdote. Se usa la veste talare essa può essere quella così detta filettata con i bottoni rossi e un bordo di colore rosso. Ma il vero segno è un simbolo che può sfuggire: è l’anello; esso indica il suo legame sponsale con la Chiesa, in modo del tutto particolare con la Chiesa di Trento. Don Lauro riceverà nel rito un anello dorato, dono della sua famiglia, simile a quello che Papa Paolo VI donò a tutti i Vescovi al termine del Concilio Vaticano II. Si tratta di un anello molto semplice detto a “fascetta” su cui è incisa un’immagine di Cristo con gli apostoli Pietro e Paolo.

Un altro “oggetto” è la croce pettorale (una croce di metallo o di legno con una catena attorno al collo; un Vescovo può averne anche più di una; Papa Francesco usa sempre la stessa ricevuta da Vescovo), che oggi purtroppo normalmente, più ancora dell’anello, identifica nella Chiesa latina i Vescovi (in Oriente la portano normalmente tutti i sacerdoti, mentre i vescovi indossano la Panaghia – la Tutta Santa – cioè un medaglione con un’immagine mariana). Essa è pressoché sconosciuta nell’iconografia fino a quasi tutto il ‘700 e nessun rito liturgico ne ha mai conosciuto la consegna! Nel passato spesso essa conteneva delle reliquie e veniva data da baciare.

Ci sono altri simboli che vengono consegnati nell’ordinazione per essere usati nelle celebrazioni. Vediamoli ad uno ad uno.

Prima di tutto il Libro dei Vangeli, che il Vescovo è chiamato ad annunciare con la vita e la parola; la mitra, l’insegna forse più appariscente ma meno importante, che può essere vista quasi come richiamo a far risplendere la santità che viene da Dio e illumina la vicenda umana; il pastorale, il segno più significativo e vero del ministero pastorale del Vescovo chiamato a guidare e sostenere il gregge a lui affidato.

L’Evangeliario usato sarà quello predisposto per l’Anno della Misericordia (saremo proprio nella domenica della Divina Misericordia). La mitra, molto semplice e bella, è stata scelta dal Vescovo eletto. Mons. Tisi avrà anche un suo bastone pastorale personale, ma nell’ordinazione riceverà dal Predecessore Bressan l’antico, splendido e prezioso “baculo pastorale” dei Vescovi di Trento dai tempi di Giorgio Hack (1446 – 1465).

Nel rito, molto suggestivo e ricco di parole e segni, ci sono poi altri momenti essenziali e costitutivi del nuovo Vescovo. Anticipiamoli.

Nel cuore della Messa, dopo il Vangelo, si invoca lo Spirito Santo, si legge la Bolla papale e quindi, dopo l’omelia del celebrante – il Vescovo Luigi –, ci sono le esplicite dichiarazioni di impegno dell’eletto che risponderà alle varie interrogazioni, dichiarandosi pronto ad adempiere fino alla morte il suo ministero, ad essere fedele e perseverante nell’annuncio del Vangelo e nel trasmettere le verità della fede, a mantenere viva la comunione con il Papa, Successore di Pietro, e con tutti i Vescovi; e infine farà una promessa di amore per il popolo a lui affidato, per i suoi collaboratori, sacerdoti e diaconi, e di particolare attenzione ai poveri, ai bisognosi e ai lontani. Tutto verrà suggellato dalla volontà di pregare senza stancarsi esercitando così il suo primario compito di Successore degli Apostoli.

A quel punto, la prostrazione.

Sì, è un gesto tanto caratteristico delle ordinazioni: Monsignor Lauro è prostrato a terra sul tappeto del presbiterio del duomo. Un segno di totale abbandono nelle mani del Signore, di profonda preghiera e di riconoscimento della propria povertà. E in quel momento non basta neppure la preghiera di tutti i presenti ma si invoca anche l’intercessione dei Santi – soprattutto degli Apostoli – che presso il Padre si uniscono alla nostra implorazione perché non manchi il dono della sua grazia a colui che sta per essere ordinato Vescovo.

A questo punto siamo al momento culminante.

Ora si compie il segno più importante da parte di tutti i Vescovi presenti: il gesto apostolico dell’imposizione delle mani sul capo del Vescovo eletto. Un segno che anche Gesù spesso faceva per benedire chi si accostava a lui: piccoli, peccatori, ammalati, ecc. che così facevano esperienza della grazia di Dio, del dono del suo Santo Spirito. Gesto di invocazione, di benedizione, di trasmissione di un dono che viene da Dio per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo: la potenza e la grazia dello Spirito Santo. E' questo il momento culminante del rito di ordinazione che si compie quindi con la grande preghiera di ordinazione, proclamata mentre due diaconi reggono il libro dei vangeli aperto sopra la testa dell’Ordinando quasi a simboleggiare che attraverso quella parola annunciata e accolta entra in lui la potenza stessa di Gesù che passò facendo del bene.

I vescovi insieme dicono la stessa formula, quale?

“Effondi ora sopra questo eletto la potenza che viene da te, o Padre, il tuo Spirito che regge e guida: tu lo hai dato al tuo Figlio Gesù Cristo ed egli lo ha trasmesso ai santi Apostoli, che nelle diverse parti della terra hanno fondato la Chiesa come tuo santuario a lode e gloria perenne del tuo nome”. A quel punto don Lauro sarà Vescovo ordinato.

Quindi seguono altri riti esplicativi, di che cosa?

Il celebrante principale ungerà il capo di Monsignor Lauro con l’olio del crisma: il Vescovo viene associato alla missione sacerdotale di Cristo resa feconda dalla grazia dello Spirito Santo. Segue poi l’insediamento; Mons. Bressan inviterà il nuovo Arcivescovo di Trento a sedersi sulla cattedra. Non è solo un simbolo; l’Arcivescovo Lauro siede su quella cattedra, da cui prende il nome la chiesa cattedrale, non un trono, ma la sede del suo servizio come pastore e maestro della Chiesa Tridentina, da adesso in poi.

Sarà quello il momento di un …. applauso!

Certamente un momento di acclamazione e faremo anche suonare le campane! Infine prima di proseguire nella celebrazione dell’Eucaristia, che da quel momento sarà presieduta da Mons. Lauro, il rito dell’ordinazione prevede l’abbraccio di pace del nuovo Vescovo con tutti i Vescovi presenti: è il segno dell’ingresso nel collegio episcopale tra i successori degli apostoli. Mons. Lauro Tisi, Vescovo della nostra Chiesa locale, ci ricorderà continuamente questo legame con le altre Chiese sparse nel mondo, ma anche il riferimento alla storia della Chiesa che vede nei Vescovi gli anelli della lunga catena che ci riporta agli inizi della predicazione del Vangelo; per noi con San Vigilio e su fino agli Apostoli.

Tutto finito, allora?

No. La Messa prosegue e il nuovo Arcivescovo ci inviterà a fare con lui la professione di fede e poi celebrerà la liturgia eucaristica all’altare di San Vigilio. Non è un momento minore, anzi è il culmine dell’Ordinazione. È qui che si manifesterà anche visibilmente il suo ruolo di Vescovo che celebra e preside la Santa Eucaristia con la sua Chiesa, i sacerdoti, i diaconi, i vari ministri e tutto il popolo di Dio. Lo esprime bene il Concilio: “Il Vescovo deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Perciò tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c’è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri” (SC, 41). 

Quindi, dopo la Comunione, il novello Arcivescovo percorrerà la navata del duomo per donare la sua prima benedizione a tutti i presenti, cominciando dalla sua mamma e dai suoi amati familiari. Rivolgerà infine la sua prima parola all’assemblea dei fedeli.

E il Pallio?

E' un’altra insegna liturgica che verrà data al nuovo Arcivescovo, Metropolita della Provincia Ecclesiastica Tridentina, il 29 giugno a Roma nella Basilica Vaticana. Papa Francesco gli consegnerà il Pallio, simbolo di comunione con il Vescovo di Roma e della sua autorità di Metropolita.

Parole, gesti e segni che sono un programma di vita e di ministero.

Proprio così, dal rito liturgico si può derivare un identikit del Vescovo. A don Lauro viene affidata una Chiesa viva, con le sue ricchezze e le sue povertà, che lo ri-accoglie e lo ama. Una Chiesa che ha una storia: essa non dimentica le sue radici con San Vigilio e ricorda il suo cammino nei secoli con tanti santi, che nei suoi Beati Vescovi Adelpreto e Giovanni Nepomuceno trova la sintesi e il simbolo di tante esistenze di umili cristiani, uomini e donne di fede, di speranza e di carità; una comunità cristiana che continua a progredire nella sua fedeltà a Dio e all’uomo e vuole avere nel Vescovo Lauro la guida attenta, saggia e decisa. “Cristo Signore conceda al clero e al popolo, uniti nel suo amore, di godere del suo favore per lunghi anni, sotto la tua guida pastorale”: sono le parole della benedizione rituale che divengono ancor più in questo momento augurio, auspicio e preghiera.

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