Mario Rigoni Stern e i ragazzi dell’Altipiano

Nel volume di don Pierantonio Gios, le lettere inedita dal fronte della Seconda guerra mondiale raccontano una gioventù montanara, semplice, generosa e un po' ingenua

Alcuni tratti inediti di Mario Rigoni Stern e di altri ragazzi, suoi coetanei, dell’Altopiano di Asiago emergono con grande evidenza in un recente volume postumo di don Perantonio Gios, storiografo delle vicende dell’Altopiano, dal titolo: “Lettere dal Fronte: La corrispondenza di Mario Rigoni Stern e di altri ragazzi dell’Altopiano”. È curato, per mandato testamentario, da Giuseppe Mendicino, di professione segretario comunale, con grandi interessi per la letteratura di montagna, lui stesso scrittore e curatore, tra l’altro, della monumentale produzione letteraria dello scrittore di Asiago. Nel corso della sua vita Pierantonio Gios ha provveduto a raccogliere le lettere dal fronte alle famiglie, durante la seconda Guerra mondiale, della gioventù dell’Altopiano.

L’epoca rievocata è compresa tra la fine degli anni Trenta e il Secondo conflitto mondiale. Sono lettere scritte a volte su carta di fortuna, spesso dal fronte. Rievocano anni vissuti da un’intera generazione di giovani, ingannata da anni di propaganda, inevitabilmente ingenua per età e per la modesta conoscenza del mondo, come scrive Mendicino nella prefazione.

Si tratta di una finestra aperta sul passato. Racconta, con dovizia di particolari, i piccoli e grandi eventi di vite scomparse, nonché le illusioni e le speranze di una generazione condizionata dagli eventi locali, nazionali e internazionali come il regime fascista e la guerra. Nel libro sono evidenziate soprattutto le lettere inviate da Mario Rigoni Stern a Rino Rigoni, suo migliore amico (una quarantina di lettere e cartoline postali). È un passato che lo scrittore non ha mai disconosciuto tra insegnamenti scolastici allineati all’ideologia del regime, manifestazioni e proclami densi di retorica bellica e imperiale e mito della Grande Guerra. Tuttavia radicalmente condannati alla prova di eventi tragici, perdenti, vissuti da protagonista in Italia, Albania, Russia, nei lager nazisti.

Dall’epistolario Mario, Rino e tutti gli altri ragazzi si caratterizzano per la loro semplicità, fantasia e generosità di giovani montanari, vissuti per anni in una sorta di isola lontana dagli sconvolgimenti del mondo. Nella corrispondenza dei ragazzi asiaghesi prevalgono le richieste di viveri e piccoli oggetti utili, la nostalgia del paese e delle montagne, gli affetti e gli amori, ma anche la spavalderia di chi vuol far forza soprattutto a se stesso. La posta appare come l’unico legame con la famiglia e con il luogo dove erano nati e vissuti. Si tratta di lettere conservate gelosamente, giunte magari alle famiglie dal fronte, come era nella prassi più fortunata, con un fagotto di oggetti personali dei caduti negli scontri.

Mario era partito volontario nell’autunno del 1938. Dimessosi dall’incarico di responsabile dei giovani cattolici di Asiago prima della partenza come volontario nell’esercito, assumerà, nella prima fase del servizio militare, su richiesta degli amici, il ruolo di corrispondente. Ormai tagliato fuori dalla vita di paese, già nella sua prima lettera del 5 marzo del 1939, Rigoni Stern chiede lumi agli amici sui sacerdoti della zona, sull’elezione di Papa Pio XII e sull’attività dell’Azione cattolica. Richieste sui risultati di gare sportive e culturali sono al centro di scritti del 29 aprile e del 9 giugno, mentre il 13 ottobre dello stesso anno si dilunga con l’amico Rino in consigli radicali circa la gestione del cinema, la guida dell’associazione, i rapporti con i giovani, l’organizzazione di incontri e convegni, la custodia dell’archivio con valutazioni stringate anche sul lavoro di qualche prete “affarista”. Il tutto viene fatto ricadere in scelte rigorose per il “bene di molte anime giovanili” e in un suggerimento all’amico Rino subentratogli nell’incarico riassunto in un: “Datti pieni poteri”. L’Azione cattolica continua ad essere al centro dei pensieri di Mario anche nella corrispondenza del 1940 in cui si dimostra preoccupato per il tesseramento. Il 29 maggio conferma la consegna della tessera e dei giornali associativi. Ma 12 giorni dopo l’Italia dichiara guerra alla Francia; Mario è coinvolto nelle operazioni sul fronte occidentale, situazione che andrà a sconvolgere il suo futuro.

In una lettera dell’11 luglio 1939 da Valgrisanche emergono, forse per la prima volta, le doti di narratore di Mario Rigoni Stern che si dilunga nella descrizione della “valle profonda coronata dal ghiacciai” e della visita alla chiesa del luogo (“le messe ascoltate quassù sono bellissime”). Non mancano le emozioni: “Alla sera, tutte le sere, quando sono giù nei villaggi vi entro, m’inginocchio davanti alla Madonna e dico un’Ave e mi ricordo sempre dell’Associazione nostra, dei miei cari, degli amici, degli alpini e ti confesso – scrive a Rino – che poche volte vi prego così con devozione”. “Quanti pensieri – aggiunge subito dopo – passano allora per la mente, la chiesa del paese, la mamma, gli amici e perché no? Anche le ragazze, le belle ragazze paesane passano per la mente dei forti alpini”. E poi quando si esce, non si ha più voglia di parlare. È perché il cuore è pieno di ricordi e di dolcezze strane che nessuno saprebbe spiegare”.

Mario si dilunga anche nella descrizione delle sue avventure in alta quota, come la scalata del monte Bianco. Nella lettera del 29 aprile 1940 fortissima è ancora l’impronta religiosa: “Quassù (Campiglia in val Soana vicino al Gran Paradiso) tutte le sere –scrive – si va in chiesa a dire il rosario…Oggi, festa dell’Ascensione, il parroco fece un riferimento proprio nostro dei rocciatori, perché anche noi ascendiamo le montagne come faceva Cristo quando predicava, quando voleva ritirarsi, quando voleva trasfigurarsi e quando infine salì al cielo. Vedi… più festa nostra di così”. Sarà la guerra in tutta la sua tragicità con i suoi morti, la prigionia, le indicibili sofferenze ad indurre lo scrittore ad altre considerazioni e ragionamenti per così’ dire “laici” che trasudano dai suoi romanzi e dai suoi scritti. Le pennellate di fede del suo epistolario giovanile ci consegnano un uomo che anche in età adulta si considerava un po’ “orso”, che ha comunque fatto breccia soprattutto fra le nuove generazioni trasmettendo un testamento di valori maturati anche in quegli anni di militanza cattolica.

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