Segno di Gesù pastore che guida la sua chiesa

Il vescovo è come noi, rimane uno che ricerca, che avanza sulla stessa strada della fede con noi e come noi

«Cristo Signore per pascere e sempre più accrescere il popolo di Dio, ha stabilito nella sua chiesa vari ministeri che tendono al bene di tutto il corpo. I ministri, infatti, che sono rivestiti di sacra potestà, servono i loro fratelli, perché tutti coloro che appartengono al popolo di Dio, e perciò hanno una vera dignità cristiana, tendano liberamente e ordinatamente al medesimo unico fine e arrivino alla salvezza» (Lumen Gentium, 18).

Ecco la prima verità da dirsi. Il vescovo è un dono che il Signore ha lasciato alla chiesa per permettere a tutti i cristiani di entrare in contatto con Lui e con la sua proposta evangelica. Il vescovo è un uomo al servizio della santità e della vocazione del popolo di Dio. E’ una nuova edizione del buon Pastore. Il vescovo non è necessario solo perché ogni gruppo ha bisogno di un capo. Gesù l’ha voluto quando ha costituito la sua chiesa come il nuovo popolo di Dio, fondata sui Dodici, i quali si sono dati poi dei successori per continuare la missione di Cristo fino al suo ritorno.

Il nome vescovo viene dal greco (episkopos) e significa sovrintendente, ispettore, guardiano, visitatore, ma assume il significato che noi oggi gli diamo solo verso l’inizio del II secolo. Se è difficile stabilire la differenza che c’era all’inizio tra coloro che sono chiamati episcopi e i presbiteri, con Sant’Ignazio d’Antiochia (all’inizio del secondo secolo) vediamo già la figura del vescovo che emerge e si differenzia tra i presbiteri e i diaconi.

Oggi la fisionomia del vescovo è presentata dal Concilio Vaticano II nel terzo capitolo della Costituzione sulla Chiesa Lumen Gentium e nel de»creto Christus Dominus sull’ufficio pastorale dei vescovi.

Nella tradizione della Chiesa il vescovo è ordinato per presiedere una diocesi, in funzione di essa: non si concepiva un vescovo senza diocesi, un pastore senza gregge. La missione del vescovo è di ri-proporre o ri-presentare all’interno della sua chiesa la missione propria di Cristo, che è venuto in mezzo al suo popolo per insegnare, santificare e dirigere la comunità dei discepoli. E lo fa in nome e, come dice un termine tecnico, nella persona stessa di Cristo (in persona Christi).

La missione del vescovo

La Costituzione dogmatica Lumen Gentium (nn. 24-27) descrive la funzione del vescovo come partecipazione al triplice ministero di Gesù, che è di proclamare in tutta la sua forza trasformatrice la Parola che riconcilia il mondo con Dio, di riproporre il mistero della morte e della risurrezione del Signore che ci santifica nei sacramenti, e di guidare la comunità cristiana che diventa Corpo di Cristo grazie al Corpo eucaristico del Signore ed è destinata a crescere fino a raggiungere la statura voluta da Cristo stesso. Ecco la missione del vescovo. Essa si riassume nel compito pastorale.

Per compiere queste tre funzioni il vescovo riceve la pienezza del sacramento dell’Ordine. Lo Spirito, invocato dagli altri vescovi consacranti, lo trasforma in un segno sacramentale di Cristo e della chiesa, segno del “buon pastore” e del Cristo capo del suo corpo che è la chiesa. Egli diventa il servitore di Gesù, lo rappresenta davanti alla chiesa e lo ripresenta nella sua missione.

Proprio perché segno di Gesù, capo del corpo di Cristo che è la chiesa, il vescovo è anche segno sacramentale della chiesa. Egli agisce non solo “in persona di Cristo”, ma anche “in persona della chiesa”, è dentro la chiesa e, in nome e per incarico della chiesa, la rappresenta davanti a Dio e al mondo. Egli insegna la fede della chiesa, prega nella chiesa e per la chiesa, parla per la chiesa e la guida verso l’unità nella carità.

La missione del vescovo nella chiesa particolare

Il vescovo nella sua chiesa è maestro, sacerdote e pastore. Il suo potere nella chiesa locale è “proprio, ordinario e immediato”, egli non è un vicario o un delegato del papa, che sarebbe il vescovo di tutte le chiese. Ogni vescovo rappresenta pienamente e autenticamente il Signore Gesù nella sua chiesa. E’ il buon Pastore che continua l’azione di Gesù Cristo, che provvede alla sua chiesa il cibo della parola. e dei sacramenti, che conosce e visita i suoi fratelli, che li guida verso la vita in abbondanza (cfr. Gv 10,10).

Il vescovo nella chiesa, Corpo di Cristo, indica e segna senza peraltro occuparlo – il posto del Capo invisibile, un posto che spetta solo a Cristo. Evidentemente il vescovo non è il Signore, ma a lui va l’amore e l’assenso del cuore e della mente che avremmo per il Signore stesso. Maestro della fede, non ne è il padrone, ma il cooperatore della nostra gioia, del nostro essere cristiani (cfr. 2 Co 1,24). E’ un discepolo, come tutti noi, chiamato ad ascoltare la Parola per vivere della Parola. Questo ci dice che il vescovo è come noi, rimane uno che ricerca, che avanza sulla stessa strada della fede con noi e come noi. Proprio questa necessaria sinodalità (che significa essere insieme sulla strada) lo porta a ricercare il dialogo con tutti, senza sottrarsi alla fatica della ricerca della volontà di Dio per la sua comunità cristiana.

La chiesa di Cristo, che il vescovo conduce nel cammino della storia, è chiamata all’unità e alla comunione; il vescovo ne è il servitore. Nell’Eucaristia che celebra – e che idealmente è una nella sua chiesa, anche se distribuita nelle varie comunità – egli costruisce l‘unità del popolo di Dio. Così egli tiene insieme la sua comunità, la difende da chi la vorrebbe dividere e disperdere, la tiene in comunione con le altre comunità, e soprattutto con il vescovo di Roma che ha ricevuto la missione di essere il garante dell’unità, dell’apostolicità e della cattolicità dell’intera comunione delle chiese. In vista di questo servizio di unità e di comunione, attorno a lui si organizzano e si strutturano tutti i servizi della chiesa, i ministeri ordinati e non ordinati, che sono al servizio della crescita della chiesa. Egli ne è come il catalizzatore, colui che permette ai doni che lo Spirito dà “per l’utilità comune” (1 Co 12,7), di mettersi in movimento e di coordinarsi al servizio di tutta la comunità e di tutte le comunità, per il bene della chiesa.

Tra questi collaboratori nel servizio emergono i preti, «provvidenziali collaboratori dell’ordine episcopale» (Lumen Gentium, 28) che con il vescovo sono congiunti per la dignità sacerdotale e che con lui costituiscono un unico presbiterio, un corpo di cui il vescovo è capo e che permette al vescovo di arrivare e di essere presente nelle singole comunità locali. E con i presbiteri anche i diaconi permanenti, che sono al diretto servizio del vescovo per dare corpo – nel concreto della storia – alla dimensione della carità ecclesiale, nata dal ministero della Parola e dalla celebrazione dei sacramenti.

Anche i molteplici ministeri non ordinati (catechisti, capi comunità, incaricati delle celebrazioni permanenti della pastorale, del servizio ai malati, della carità, ecc.) fanno capo al vescovo e prendono parte, secondo la loro missione propria, alla missione della chiesa sotto la direzione del vescovo. In questo modo la chiesa particolare diventa «tutta carismatica e tutta ministeriale», si inserisce nella storia di un popolo e risponde alle sue attese di salvezza.

Servitore della missione universale

Il vescovo, unito a tutti gli altri vescovi e con loro a Pietro, condivide con loro il servizio missionario dell’apostolicità e della cattolicità della chiesa, chiamata ad estendersi a tutti i popoli e fino agli ultimi confini della terra. Nella sua ordinazione il vescovo entra a far parte del collegio episcopale cui «appartiene… la cura di annunciare in ogni parte della terra il Vangelo» (Lumen Gentium, 23). Non è quindi per lui un optional occuparsi della missione, è anzi un ministero che non solo gli compete, ma che deve trasmettere alla sua comunità, affinché sia veramente una comunità cattolica.

Gabriele Ferrari s.x.

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