Il rettore che riscaldava il cuore

Con una Santa Messa celebrata lunedì 11 aprile alle – presso l’Arcivescovile in via Endrici a Trento, mons. Mario Ferrari sarà ricordato nel 25° della morte. In quest'articolo ne parla mons. Umberto Giacometti, suo nipote e successore all'Arcivescovile.

A distanza di 25 anni il suo ricordo rimane ancora vivo. Questo lo sperimento tante volte incontrando sacerdoti o laici che, avendolo conosciuto nella loro vita, hanno avuto modo di stimarlo e di volergli bene. E desiderano ricordarmelo un’altra volta.

Un rapporto umano caldo, anche se a prima vista poteva apparire austero. Anch’io, pur essendo legato a lui da un rapporto di parentela – mia mamma era una delle tante sorelle – alle volte mi avvicinavo a lui con una certa timidezza. Ma una volta superato questo primo impatto mi ricordo che la nostra relazione era molto viva e schietta: lunghe chiacchierate o passeggiando sulla stradina verso il Gorg d’Abiss a Tiarno di Sotto, o in camera sua quando era, purtroppo spesso, ammalato e andavo a trovarlo o nelle riunioni di famiglia. Le nostre conversazioni erano molto lunghe e avevamo sempre qualcosa da dirci. A volte abbiamo anche litigato, ma a viso aperto, arrivando ad una cordiale intesa finale. E questa ricchezza di umanità era la calamita dalla quale tutti si sentivano avvicinati e accolti.

Un altro tratto della sua personalità anche oggi molto ricordato è quello dell’educatore. Le udienze dal Rettore, come la conferenza delle spiegazioni delle regole rappresentavano un punto di riferimento importante nella vita del Seminario. Per usare un’espressione di papa Francesco riscaldavano il cuore, perché dette col cuore e con saggezza e scienza.  La sua cultura era veramente vasta: dalle scienze – il suo campo specifico – alla storia, alla poesia, alla letteratura europea, alla sacra scrittura. Mi ricordo che quando me ne parlava io mi sentivo piccolo, piccolo. Mi aiutava ad apprezzare le bellezze della flora a cominciare dagli endemismi più originali del giardino botanico della Val di Ledro.

Andando a fare viaggi in automobile per il Trentino aveva sempre qualcosa di nuovo da dirmi: o riguardo alla storia dei vari luoghi, o alle caratteristiche peculiari di quella chiesetta o di quel castello o alla configurazione morfologica di un certo ambiente come era andato via via formandosi nel corso dei secoli. Era un libro sempre aperto scritto con caratteri nitidi e che riuscivano a coinvolgerti.

Nel suo archivio ho trovato anche il diario personale in tre quaderni (non me ne aveva mai parlato). E’ interessante la lettura di queste pagine che ti mettono a diretto contatto con la personalità di questo sacerdote nel suo aspetto più intimo: il rapporto personale con Dio e con gli uomini cólti cristianamente come fratelli.

C’è un accenno alla vicenda del suo “defenestramento” dalla Direzione del Seminario Maggiore (allora fra liceali e teologi, anche di lingua tedesca, erano più di duecento giovani). In maniera molto pacata e senza alcuna punta polemica scrive così: “31 agosto 1961, La Santa. Questa sera ho comunicato a don Gilli e a don Ghezzer che è ormai decisa e conclusa la mia sostituzione nella Direzione del Seminario. Il giorno 22 di questo mese avevo scritto a S.E. Mons. Amministratore Apostolico pregandolo che mi sollevasse dall’incarico, perché, date le nuove impostazioni (tolto il prefetto di teologia, nominato un laico amministratore) prevedevo di non reggere ad un anno di lavoro, che sarebbe stato superiore a quello degli anni precedenti. Pensavo che la mia salute non avrebbe resistito, dato il mio stato di ipertensione arteriosa.

L’eccellentissimo Amministratore ha accettato e mi ha scritto una lunga lettera. Domani la notizia verrà data dalla stampa (così mi ha cortesemente telefonato don Moratti).

Così, con la fine del terzo turno di Villa, ho concluso un periodo importante e faticoso della mia vita. Dopo aver passeggiato un po’ sul prato con don Ghezzer e con don Gilli, abbiamo recitato insieme davanti alla piccola edicola della Madonna il Magnificat.

Hilarem datorem diligit Deus. Deo gratias!

Questo cambiamento così radicale e improvviso nella direzione del seminario non è stato compreso e apprezzato da molte persone in Diocesi, sacerdoti e laici. Ha creato sorpresa e disagio. Non si può dire che l'impostazione educativa impressa al Seminario sia stata capita e valorizzata da questa decisione superiore. A questa scelta, sia pur discutibile, egli ha obbedito pienamente.

Mi pare di poter dire che mons. Mario Ferrari è stato un sacerdote ricco di fede, semplice e forte a un tempo. Un uomo rigoroso con se stesso e gli altri, evitando specialmente ogni compromesso, un uomo di grande rettitudine e onestà. Un uomo che ha fatto onore alla sua terra alla quale ha voluto molto bene, sia alla diocesi di San Vigilio come al Trentino.

Umberto Giacometti

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