“Quei tre verbi da declinare in casa…”

Accogliere, prendersi cura e perdonare: ne parliamo con i coniugi Arighi, attivi a Levico Terme nella pastorale familiare

A preparare la Festa diocesana, come molti altri sposi trentini, hanno contribuito in quel di Levico Terme anche Luca e Alessandra Arighi, sposati da 23 anni, genitori di Andrea, Maddalena e Giovanni (studenti universitari i primi due, quindicenne il terzo). Sono impegnati in parrocchia come animatori di un gruppo di famiglie con bambini piccoli; con questa sensibilità e competenza sono “approdati” alla Commissione diocesana del Centro Famiglia, all’interno della quale operano da qualche anno quali referenti per la loro zona pastorale.

Com'è andata la preparazione, quasi…una maratona?

Sono state settimane intense contrassegnate soprattutto da contatti, telefonate, incontri con tante persone: è uno degli aspetti più belli di questa nostra attività come referenti di zona, il tentativo di creare una rete di relazioni tra le persone e tra le varie comunità. Di questo c’è molto bisogno nella vita della Chiesa del nostro tempo, e proprio l’essere famiglia, cioè una realtà in cui ci si tiene gli uni agli altri, diventa un modello di cui far tesoro e da replicare.

L'aspetto più interessante?

Cercare di coinvolgere diverse realtà del territorio, in particolare nella Maratona di lettura: abbiamo interpellato il mondo della cultura, biblioteche, librerie, associazioni culturali e filodrammatiche, insegnanti, e quanti sono sensibili al piacere della lettura, estendendo così la proposta ben oltre i confini delle nostre comunità parrocchiali. E abbiamo trovato interesse e disponibilità.

La Festa diocesana è anche riflessione: come vi risuona l'invito a scoprire il gusto di essere famiglia nell'Anno della Misericordia?

Oggi i cristiani sono chiamati a vivere e testimoniare la gioia del loro essere credenti, e certamente la famiglia è luogo privilegiato in cui sperimentare gioie semplici e quotidiane, ordinarie o straordinarie, a cui la fede e la compagnia del Signore dà un gusto speciale, una particolare possibilità di essere vissute in pienezza. E anche la misericordia è un ingrediente molto peculiare di questo gusto e di questa gioia.

Entriamo più nel dettaglio nei tre verbi chiave del sottotitolo: il primo è accogliere.

La famiglia è luogo dell’accoglienza, innanzitutto dei due che si promettono fedeltà e amore per sempre: è quindi questione di accogliere l’altro così come è, ed anche nella sua maturazione ed evoluzione, nella forma che prende passando attraverso le vicende della vita che ci cambiano e ci mettono alla prova. Oggi, poi, di fronte a figli che crescono e assumono la loro propria fisionomia, accogliere significa anche riconoscere le diversità, i desideri, i doni di ognuno di loro, accettare le provocazioni e i punti di vista divergenti, per cercare una unità nuova e superiore costruita sul fatto di essere interessati gli uni agli altri.

Il secondo verbo è “prendersi cura”.

Sempre più limitate sono le esigenze della cura materiale dei figli, ormai autonomi sotto tanti punti di vista, mentre altre urgenze premono: ci sentiamo impegnati nella cura di una loro vita spirituale, nel senso più ampio del termine, perché siano persone generose e capaci di fare posto agli altri nella loro vita, che coltivino lucidità di pensiero e capacità di valutazione critica nei confronti della realtà che ci circonda, che sappiano fare scelte di vita coerenti. Il dialogo, il confronto, la riflessione condivisa sono ancora risorse irrinunciabili.

Per ultimo, il più difficile: perdonare.

Tutti noi custodiamo il modello del Padre misericordioso della parabola, del modo in cui perdona, ci aspetta e ci precede il Signore. In famiglia succede che siamo tutti padri misericordiosi, ma qualche volta anche figli dissoluti, e talora il figlio ingrato rimasto a casa. La famiglia è una scuola formidabile, in cui sapersi riconoscere in queste varie condizioni e cercare di mettere in gioco la parte migliore di noi stessi.

Come presenterete ai vostri figli il gesto di attraversare la Porta Santa?

E’ questo di per sé un gesto molto eloquente: ci ricorda che siamo in cammino insieme, come famiglia oltre che come singoli, che possiamo attraversare, rimanendo uniti, i cambiamenti, le situazioni nuove, le occasioni che ci si presenteranno domani, pur nella diversità che ci contraddistingue, perché ognuno di noi è un mistero di libertà chiamato a correre sulla sua strada.

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