Le domande della sala: “Un campanello d’allarme?”

Oggi la rabbia è un’emozione dominante.

Federici: Non lasciatevi ingannare da messaggi populistici che aumentano il senso di paura e precarietà: questa è una delle epoche più pacifiche nella storia dell’umanità, non ne possiamo più di violenza proprio perché siamo più sensibili.

La rabbia ha un valore positivo?

Federici: Se è gestita in modo adulto, permette all’altro di cambiare, imparando a rispettare lo spazio altrui. Questo spiega perché è divina: aiuta l’uomo a non invadere uno spazio che non è suo e non gli permetterebbe di vivere l’intimità religiosa con Dio. Quando Gesù caccia i mercanti dal tempio è arrabbiatissimo: occorreva ristabilire i confini del sacro perché il tempio era lo spazio in cui Dio prendeva dimora per stare con il suo popolo senza mediatori e nessuno doveva pagare per entrare in comunione con Lui.

Vorrei sempre mantenere il nervoso nella pancia, non rassegnarmi.

Nori: Il giorno dopo gli attentati al Bataclan, in un’intervista mi hanno chiesto cosa ne pensavo: penso che il contrario della rabbia siano la bontà e l’intelligenza. Lo scrittore Kurt Vonnegut diceva “bisogna essere buoni, questa è l’unica regola che conosco”.

La rabbia è un campanello d’allarme contro l’eliminazione di un confine necessario.

Federici: Se la consapevolezza del mio confine è ristretta, tanto più reagirò in relazione a situazioni di poco conto, quanto più è ampia, invece, tanto più sarò capace di indignazione. Lo vedo nell’esperienza clinica con genitori, adolescenti e giovani. Come hanno educato il senso del rispetto nel bambino? Anche il genitore deve rispettare il confine posto dal figlio ed è necessario che il bambino sappia di poter avere uno spazio suo, da coltivare e arricchire, in modo che diventi consapevole che c’è qualcosa di sacro e inviolabile perfino da parte di Dio. Può essere rischioso, ma in terapia arrivano adulti che hanno subito abusi e non sono capaci di rendersi conto di cosa è concesso loro e di cosa possono concedere a chi gli sta accanto.

Come si concilia l’ira divina con la bontà infinita di Dio?

Federici: L’ira di Dio è amorevole. L’amore che non rispetta confini non è amore; l’amore deve possedere la rabbia. La scoperta di quanto sono ampi i confini è quotidiana, ogni giorno i membri di una famiglia devono riequilibrare i confini esistenti.

Le persone più soggette alla rabbia sono più insicure?

Nori: Non è detto, le persone analfabete dal punto di vista emotivo usano un vocabolario ridotto. I maschi sono conoscitori grossolani dei processi emotivi e non sanno dare nome a quello che provano: se un maschio ha paura non dice che è spaventato, ma che è arrabbiato.

La rabbia emerge contro lo straniero perché minaccia e invade i nostri confini.

Federici: Le emozioni sono un processo che si è evoluto biologicamente in tutte le specie, perciò è un’emozione importante in quanto stabilisce rapporti di forza e confini territoriali. Ma i confini non sono solo quelli biologici miranti alla salvaguardia del territorio: tra bestie l’invasione di un estraneo suscita rabbia, per gli uomini, dotati di cultura e sentimento, garantire tale difesa in modo funzionale alla sopravvivenza è possibile solo nella condivisione, non con la violenza.

Decarli: Interessante la lettura della rabbia come molla che può attivare energie, desideri, percorsi della vita e aiutare a vedere meglio le situazioni della quotidianità.

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