Sulla strada dell’accoglienza

Prosegue lento e complesso l'inserimento dei profughi di Vigalzano nella comunità

“Mio padre aveva costruito la casa in cui sono vissuto con i 15 fratelli grazie alle fatiche di emigrante in America; è giusto che ora questi beni tornino a vantaggio di altri emigranti”: così don Guido Avi lo scorso novembre dichiarava all'assemblea pubblica rivolta alla popolazione delle parrocchie di Madrano, Vigalzano, Casalino e Nogaré per illustrare il progetto di inserimento di alcuni profughi appunto in “casa Avi” che da poco egli aveva donato alla parrocchia di Vigalzano.

“Questa casa -aveva aggiunto – dovrebbe diventare uno strumento interparrocchiale per mettere in pratica anche nel futuro l’impegno per la formazione religiosa, morale ed educativa delle persone”. Un atto di generosità, ma soprattutto un atto di responsabilità verso coloro che sono stati costretti a fuggire dalla loro patria a causa di guerre e persecuzioni.

Così “casa Avi” di Vigalzano è diventata un piccolo tassello del più ampio progetto promosso nei mesi scorsi da Caritas e Fondazione Comunità Solidale della diocesi. L’edificio, che don Avi ha voluto donare dopo aver completamento ristrutturato su tre piani (quello più in alto, la mansarda, è riservata ad alloggio dello stesso don Avi), è stato così destinato a due iniziative diverse negli aspetti organizzativi ma identiche nella finalità dell’aiuto a chi ha bisogno.

Nel piano inferiore sono ospitati da dicembre 5 immigrati, arrivati a Vigalzano dopo un preciso cammino compiuto nei campi d’accoglienza, con tutte le “carte” in regola e che, pur liberi cittadini che possono muoversi ovunque, sono seguiti da personale addetto che è il punto di riferimento per loro, per la Fondazione e per le forze dell’ordine. Il piano intermedio invece è destinato a un’iniziativa della Caritas per un’accoglienza stile famiglia, quindi con 3-4 persone in difficoltà che possono trovare nell’edificio un punto fermo.

Il problema fondamentale, come avevano anticipato i responsabili di Caritas e Fondazione nella presentazione del progetto, era e rimane quello dell’inserimento attivo degli ospiti nella comunità locale. Si tratta di cinque giovani di età tra i 27 e 35 anni, tre originari del Mali e due della Nigeria, due cristiani e tre musulmani. Le comunità delle parrocchie che fanno capo all’Unità pastorale dell’Oltrefersina li hanno sostanzialmente accettati e si sono sforzate anche di avviare qualche iniziativa per un concreto inserimento.

A fine gennaio, ad esempio, è stato organizzato a Madrano un incontro degli ospiti con i rappresentanti dei consigli parrocchiali di Nogarè, Madrano, Vigalzano/Casalino e di alcune associazioni di volontariato come il gruppo giovani di Vigalzano, la Polisportiva Oltrefersina, il coro Castel Rocca. Un incontro apprezzato e che certamente è riuscito a far rompere il ghiaccio tra ospiti e comunità.

Ma evidentemente non basta. C'è una difficoltà enorme nel trovare forme di inserimento attivo che offrano ai giovani ospiti un motivo concreto di vita, che vada oltre la quotidiana esistenza distribuita tra incontri burocratici, firme, corsi di italiano o altro. Marco Baìno, operatore di riferimento per i profughi di Vigalzano, sta cercando di coinvolgere, con difficoltà, le diverse realtà territoriali. Ha incontrato anche, a febbraio, il Consiglio pastorale decanale chiedendo la collaborazione per individuare qualsiasi possibilità di utilizzo, anche minimo, di questi giovani. Per aiutarli a passare da un'ospitalità passiva a un inserimento attivo nella comunità che li ha accolti.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina