Ma è solo utopia?

"Dobbiamo fare il possibile per puntare sulle energie rinnovabili, riciclare smettendo di produrre immondizie, imparare ad apprezzare la natura per quello che è, investire nella ricerca, punire i corrotti, distribuire le ricchezze in modo equilibrato, prenderci cura dei bambini e degli anziani, educare alla bellezza, alla musica, all'arte, combattere l'individualismo, scegliere la strada della condivisione, educarci alla responsabilità sociale e fermare ogni tipo di disuguaglianza".

È giustizia, è buon senso. È un elenco di azioni virtuose, un promemoria da tenere a mente all'inizio di ogni giorno, appello e denuncia, il messaggio centrale di "Pale Blu Dot", spettacolo teatrale dedicato al pianeta Terra, affettuosamente chiamato "pallido pallino blu", di e con Andrea Brunello, per la regia di Christian Di Domenico, che ha debuttato sabato 28 maggio sul palco del teatro Cuminetti a Trento per la rassegna "Altre Tendenze" e inserito nel calendario di appuntamenti di "Utopia500".

Un piccolo puntino su una banda marrone, perso nel buio profondo dello spazio. Appare così la Terra da una fotografia scattata nel 1990 dalla sonda Voyager 1 quando si trovava a sei miliardi di chilometri di distanza e proprio ad essa è ispirato lo spettacolo vincitore del Premio nuova_scena.tn 2015: "un'incredibile storia di disperazione, meraviglia, bellezza e speranza in cui il destino della sonda si mescola con quello dei suoi creatori e del Pianeta Terra". Circondato da molte telecamere e in compagnia di un robot che ha il compito di registrarne le parole e inviarle poi alla sonda come ultimo messaggio della civiltà umana, forse giunta al termine del suo viaggio, Mike racconta la sua vita e quella della sua famiglia attraverso episodi legati ai momenti più importanti dell'esplorazione spaziale mentre alle spalle scorrono immagini della Terra vista dallo spazio e di altri pianeti. I punti salienti del racconto vengono amplificati da un sottofondo sonoro – musiche di Enrico Merlin – fatto di battiti pulsanti e di rumori inquietanti come le provocazioni lanciate dall'uomo che lascia le sue parole in eredità al figlio di cinque anni per aiutarlo ad affrontare un futuro difficile.

L'umanità, infatti, è incamminata sulla via del non ritorno essendo essa stessa causa di un disastro ambientale di dimensioni globali, e alla speranza e alla fiducia del padre nei confronti della capacità di reagire del figlio fanno da controcanto la paura e i dubbi sollevati dalla consapevolezza dell'incoscienza dell'uomo che sta distruggendo la Madre Terra, autocondannandosi all'estinzione. "Ci sono cose più importanti a cui pensare, come la Champions League, no?", e, ad un certo punto, è la platea stessa a essere inondata improvvisamente di luce con un effetto spiazzante che ha dato corpo alla domanda "e voi sapete cosa fare? saprete reagire?", mentre Brunello scendeva dal palco rivolgendo direttamente al pubblico un "avviso ai naviganti" che sembra destinato a cadere nel vuoto.

Di fronte agli inarrestabili cambiamenti climatici e ai ripetuti campanelli d'allarme lanciati dalla natura, qualcuno dovrebbe accendere veramente la luce, "risvegliando" l'uomo prigioniero del "tanto non serve a nulla". Vista dallo spazio, la Terra è, infatti, solo un puntino insignificante, "un minuscolo granello di polvere sospeso su un raggio di sole", ma è la nostra unica casa e l'auspicata "conversione ecologica" inizia proprio dal modificare il punto di vista: osservati da "fuori" siamo piccoli, ma letali per noi stessi, e, per costruire un futuro diverso da quello pronosticato dal famoso astrofisico Stephen Hawking – tra 100 anni la specie umana scomparirà – dobbiamo iniziare a "ridurre le disuguaglianze ambientali ed economiche".

La presenza sul palco del "robottino" amico – tecnologicamente "vecchio" – è parsa poco coinvolgente e l'intreccio tra la vicenda familiare e la parte in cui Brunello si scaglia contro i negazionisti della scienza non sempre fluida, ma a rimanere impressi alla fine dello spettacolo, applaudito dal folto pubblico presente, sono gli interrogativi che aleggiano nell'aria sulle beneauguranti note conclusive di "Here comes the sun".

Mike finisce la registrazione, il robot promette che si prenderà cura del figlio, e lo sguardo dello spettatore è attirato dall'unica forma di vita rimasta, una rosa bianca che sembra incarnare un'altra domanda, rimasta inespressa: "una rivoluzione ci salverà o è solo utopia? e se i padri abdicano e se ne vanno, lasciando la cura della vita – e del Pianeta – a chi verrà, saranno i robot a prendersi cura delle nuove generazioni sostituendo l'uomo, incapace di amore e cura per i viventi?".

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