Una casa che genera comunità

Nata per diventare un luogo di accoglienza, di lavoro e di integrazione sociale la “Casa della solidarietà” ha aperto le porte ai suoi nuovi inquilini. Nell'edificio in località Centochiavi, concesso gratuitamente dalla Diocesi di Trento alla Provincia, da martedì 14 giugno, dopo il Centro Servizi per il Volontariato, si sono trasferiti anche gli uffici di Cinformi.

“Una sede più ampia che può garantire un servizio adeguato e efficace all’aumento delle attività di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale”. Così il responsabile del Centro informativo per l’immigrazione della Provincia autonoma di Trento, Pierluigi La Spada, commenta il cambio di sede in via Lunelli, numero civico 4 a Trento.

“Nella struttura mediamente gravitano dalle 150 alle 200 persone, che già dal primo giorno hanno apprezzato la nuova sede, – aggiunge La Spada – tra migranti che vivono da tempo in Trentino e che si rivolgono ai nostri sportelli per avere informazioni, avviare pratiche di soggiorno o di cittadinanza e profughi per frequentare corsi di italiano e ricevere consulenze di vario tipo”. Dalla sua costituzione nel 2002 ad oggi Cinformi ha gestito contatti con circa 500mila persone, nello scenario nazionale rappresenta un modello unico di collaborazione tra pubblico, privato sociale e realtà ecclesiali.

Sollecitato in merito ai recenti episodi di risse in piazza Dante che ha visto coinvolti gruppi di stranieri “la condanna è unanime anche da parte degli immigrati – interviene – il fenomeno è fisiologico, pochi facinorosi rischiano di danneggiare i processi di integrazione di chi si comporta correttamente. E' importante favorire percorsi di formazione e di legalità per evitare conflitti e episodi di violenza inaccettabili”.

A regime la struttura sarà occupata da 70 persone. Dal piano terra al quinto piano, per un totale di 1400 metri quadrati, troveranno spazio anche le attività delle associazioni del privato sociale che collaborano con Cinformi: Centro Astalli per i rifugiati, Cooperativa Città aperta e Le Farfalle. Dal primo luglio pronti ad essere operativi anche gli sportelli di Atas, l’Associazione che offre servizi di accoglienza e progetti di inclusione sociale non solo agli stranieri, ma anche a chi vive una condizione di vulnerabilità ed emarginazione. “Lavorare sotto lo stesso tetto in sinergia – spiega Emiliano Bertoldi, direttore di Atas – facilita gli scambi, momenti di riflessione ed opportunità di gestire progetti condivisi”. Nell’idea fondante la “Casa della solidarietà” doveva ospitare anche una settantina di richiedenti asilo e persone con bisogni alloggiativi temporanei con lo scopo di stimolare la partecipazione degli abitanti del quartiere. “Il progetto è stato accantonato per motivi logistici e strutturali – precisa Bertoldi –, ma rimane comunque lo spirito a servizio dei migranti e di un quartiere vivace e fertile dove costruire momenti di aggregazione”. L’iter progettuale si è rallentato, ma in prospettiva si sta già pensando di ospitare nelle struttura le iniziative della Settimana dell’accoglienza in programma ad ottobre. “Tra le proposte rimaste in cantiere – precisa ancora Bertoldi – ci sono laboratori, spazi comuni aperti, un bar-ristorante, una biblioteca diffusa, attività di volontariato con il coinvolgimento dei richiedenti asilo, degli studenti e dei giovani del servizio civile”.

Anche la Caritas diocesana e la Fondazione Comunità Solidale lavorano fin dall’inizio in stretto contatto con le realtà dell’associazionismo legate all’accoglienza dei più deboli e per far sì che il palazzo di Centochiavi lanci un preciso segnale di una convivenza possibile. “Noi restiamo disponibili – assicura Roberto Calzà, direttore della Caritas – consapevoli che l’integrazione e l’inclusione sociale passano attraverso un lavoro di rete che genera relazioni solidali e una comunità sinceramente accogliente”.

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