Grazie

“Per chi da bambino ha visto i suoi film in coppia con Terence Hill, ma anche per chi torna bambino ogni volta che li vede, forse non c’è lutto cinematografico più grande e commovente della scomparsa di Bud Spencer”. Anche “L’Osservatore Romano” ricorda l’attore Carlo Pedersoli, scomparso lunedì a Roma all’età di 86 anni.

La testata vaticana ne traccia un profilo biografico, affidato a Emilio Ranzato, dal titolo “Per un pugno di risate”. “Si era accostato al cinema già durante gli anni Cinquanta, quando ancora si faceva chiamare col suo vero nome, Carlo Pedersoli, ed era in piedi la sua brillante carriera di nuotatore”. Conclusa la stagione sportiva, “sul set fa l’incontro che segnerà la sua nuova carriera, quello con Mario Girotti. Come capitava spesso per i western all’italiana, i due sono costretti a scegliersi dei nomi anglosassoni, e così diventano Bud Spencer – nome scelto da Pedersoli in onore di Spencer Tracy e di una nota marca di birra – e Terence Hill. I due faranno la storia del cinema di genere italiano, in particolare traghettando lo spaghetti western dalla sua fase seria a quella scanzonata e ridanciana”. In particolare si segnala il “successo di Lo chiamavano Trinità… (1970), geniale ibrido fra western e farsa”, “in cui le sparatorie vengono sostituite da simpatiche scazzottate, facendo così del sottogenere uno spettacolo per famiglie”. Fra i due protagonisti, Spencer e Hill, “nel frattempo si perfeziona un’alchimia davvero rara, e degna delle grandi coppie comiche come Laurel e Hardy”. Nel 2010 la coppia aveva ricevuto un David Speciale alla carriera. “Ci capivamo al volo – ha dichiarato al Corriere Terrence Hill – siamo l'unica coppia a non aver mai litigato. Non c'era invidia, e ci divertivamo”.

Approdato al cinema con il colossal Quo vadis? dove aveva fatto il legionario, ha lavorato con registi come Carlo Lizzani, Mario Monicelli, Luchino Visconti, Dino Risi, Dario Argento, Ermanno Olmi.

Scrive Gianni Borsa (Sir): “Si era posto, a suo modo, e con un filo di filosofia partenopea, le domande sul valore della vita, sul senso della morte, sull’aldilà, dove sperava ci fosse un’altra vita, altrimenti è una fregatura. Un uomo che ha più volte ribadito, tra autobiografia (“Altrimenti mi arrabbio: la mia vita”) e interviste, che il successo non è facile da raggiungere e che è una “conquista fragile”, che nella vita servono il coraggio e il sacrificio (appresi dallo sport). E che giocosa umiltà e autoironia possono essere una via efficace per lasciar intuire la propria statura umana e il proprio valore”.

A dare la notizia della morte è stato il figlio Giuseppe: “Papà è volato via serenamente alle 18.15. Non ha sofferto, aveva tutti noi accanto e la sua ultima parola è stata grazie”.

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