“Partivamo sul carro…”

Le vacanze scolastiche? Sui prati del Bondone, a tagliare il fieno: il racconto del “rito” di giugno nei ricordi di Mariella Degasperi, classe 1938, allora bambina. “Quando era stato tutto rastrellato, scendevamo con uno slittino costruito con pochi assi di legno”.

Quando andare in Bondone non era una corsa in auto, si poteva partire al termine delle scuole, nel mese di giugno, come capitava a Mariella con la sua famiglia. I Degasperi abitavano il Maso Scala, a metà strada tra Sardagna e Trento, e nei mesi estivi andavano a vivere nei prati del Bondone per il taglio del fieno, là dove ora c’è la pista della Cordela.

In cima – racconta Mariella – l’unico albergo era l’Ambrosi. “Si partiva col papà davanti al carro tirato dal cavallo e noi dentro al telone, come nei film del far west”. Nei bauli la mamma aveva messo di tutto, anche lenzuola e coperte e sul carro, in una gabbia, c’erano galline e conigli. La mucca e la capra venivano portate su a piedi. “Mi ricordo questa scena del gallo – aggiunge Mariella – quando mio fratello ha aperto la gabbia facendolo scappare…”. Quando si piazzava la tenda, poi, la mamma poteva preparare la polenta nel paiolo che poggiava sui sassi. “Che profumo che arrivava dalla polenta col formaggio e la lucanica”.

“Usciti una mattina con mio fratello col caldo e il freddo veniva su una nebbia dalla valle e dentro questa nebbia noi correvamo come matti. Poi lui correva dietro alle cavallette e io non volevo”. Ancora adesso quando Mariella va in montagna se arriva la nebbia, lei si sente trasportata là. “Le emozioni dei ricordi non si perdono: ritornano”.

I prati in quella zona, dove sono poi stati fatti gli impianti del Graffer, erano della famiglia Degasperi e si lavorava chiamando uomini da Sardagna per tagliare il fieno con la falce, a mano, affilando la lama che battevano con la pietra. “Quando il fieno era tutto bello messo in fila, a mano a mano poi lo si girava per farlo asciugare”. Poi, posto in grandi lenzuoli di sacco e caricato sul carro veniva portato nel fienile, aperto in alto nel maso. “Quando il fieno era stato rastrellato noi potevamo scendere nei prati con uno slittino costruito con pochi assi di legno: erano piste perfette e si scendeva come pazzi sul soffice verde, senza farsi male”.

In anni successivi, dopo la morte del papà, quando il maso era stato venduto, la famiglia si trasferiva solo per un mese in una baita nei pressi, chiamata “Il nido d’aquila”: entrando c’era il “fogolar”, poi una scaletta che portava nel soppalco dove si andava per dormire. Però l’acqua bisognava andarla a prendere sempre nella zona della Cordela. “Io e mia sorella – ricorda ancora Mariella – andavamo con una certa fatica a calare il secchio per rifornirci d’acqua. Questo luogo mi è tornato alla mente più volte nella vita: leggendo l’incontro di Gesù al pozzo con la samaritana o quando ne rievocavo i colori, impressi nell’animo, dei sassi chiari e dell’acqua azzurra”.

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