“La misericordia non è buonismo, la giustizia non è condanna”

La lezione di mons. Bregantini al corso di aggiornamento degli insegnanti promosso dall'Arcidiocesi: “Educare a speranza e fiducia”

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Tre verbi, preziosi come filoni d'oro: “Convincere, mai vincere. Proporre, mai imporre. Analizzare, mai giudicare”.

Dopo averli spesso ripetuti ai preti della sua diocesi molisana, mons. Giancarlo Bregantini li ha voluti affidare anche ai numerosi insegnanti trentini che hanno partecipato al corso di aggiornamento organizzato da Iprase e dall'Ufficio scuola dell'Arcidiocesi di Trento (si veda anche a pag.3).

Ospite della giornata introduttiva, l’arcivescovo di Campobasso-Bojano ha ripreso i temi della sua Lettera Pastorale “La Misericordia, festa della prossimità”, che mette al centro la Parola di Dio, la bellezza della liturgia, le opere di carità. “Una festa dove ci riconosciamo e ci sentiamo tutti come fratelli, dove gli steccati vengono abbattuti dal sorriso reciproco, dove ogni muro crolla di fronte alla potenza dell’amore che unisce”– rilancia il vescovo di origini trentine, esortando i docenti a vivere l’anno giubilare anche tra i muri delle aule scolastiche. “Perché educare i giovani è l’arte più difficile del mondo, ma è anche la più bella e appagante – riconosce Bregantini – e gli insegnanti sono chiamati ad essere testimoni misericordiosi nel cammino di crescita dei loro alunni”.

Non c’è un metodo da imparare. Lo si sente, parte dal cuore, prima che dalla cattedra. “E’ importante saper ascoltare il cuore dei ragazzi e intuire le loro domande, così essenziali e piene di stupore – osserva ancora – per poi trovare le risposte nei racconti biblici, sulle pagine dei giornali decodificate oppure ancora per i più piccoli , attraverso l’esperienza delle favole”. Strumenti utili per interpretare un contesto storico dove spesso il male sembra prevalere. “La fiaba di Biancaneve ad esempio ci aiuta a capire come superare l’invidia e la superbia. Una novella che come tante altre nasce dall’esperienza di padre, quella dei due fratelli Grimm – fa notare Bregantini – con un linguaggio fresco e perenne mostra che l’invidia distrugge, divora, uccide. Al tempo stesso insegna che dove c’è misericordia e fraternità si cresce”. Per rispondere al senso di precarietà dei ragazzi il vescovo noneso offre come altro esempio la storia biblica di Giuseppe, figlio di Giacobbe, divenuto vicerè d’Egitto. “E’ nell’umiltà e nella carità che il giovane Giuseppe trova la strada della propria vita – ricorda – ma pensiamo poi alla vita di Gesù, segnata dalla croce, che è il luogo più grande dell’infinita misericordia”. Così impostato, il metodo pedagogico genera speranza e fiducia. “E’ poi importante – sottolinea ancora Bregantini – l’intreccio tra giustizia e misericordia, per evitare che la prima, da sola, diventi condanna e giustizialismo, e la seconda si traduca in buonismo.

Entrambe sono la dinamica relazionale – spiega – l'una i comandamenti di Dio e l’altra le beatitudini del Signore: ma è la misericordia la chiave interpretativa della giustizia”. Tenere unite entrambe è compito di un bravo insegnante, ma anche dei preti, dei politici, di tutta la società. “La misericordia – insiste – rende saporito il grazie, mi fa dire no a una giustizia punitiva, ma redentiva e distributiva. La misericordia trasforma i rapporti”.

Ci sono poi due parole che trovano terreno fertile in classe: merito e gratuità. “Il merito va riconosciuto – ammette – ma deve diventare un servizio, non un privilegio. Dobbiamo coltivare nei cuori dei ragazzi il gusto dell’armonia nella freschezza dei colori differenti. Questa è la bellezza affascinante e avvincente dell’insegnamento. La maestra deve essere capace di dire tu vali dieci e tu vali 7 ma siete uguali nella dignità”.

Non si corre alcun rischio che la misericordia metta da parte il merito. “Anzi – esclama – dà al merito la funzione sociale, con la misericordia il merito sente di valere per gli altri e non per se stessi. Come diceva don Milani 'Non c’è peggiore ingiustizia che fare parti uguali tra disuguali”.

Infine, un suggerimento per la valutazione. “Sia analisi, mai giudizio. Anche il tono della voce è importante nell'esprimere un monito severo – suggerisce – occorre leggere le difficoltà con il tono della paternità, di Dio che è severo con le braccia aperte della croce, come il pastore che cerca la pecorella tra i rovi, con la voce dello sposo che sa amare e sa essere atteso dalla sposa. Il tono della voce è il Vangelo, il tono di Dio che regala l'azzurro del cielo, al di là dei nostri meriti”.

L'insegnamento ha in sé questo fascino: “Spiegare che Dio dà senso al male, non lo toglie ma lo trasforma in bene”.

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