Tassullo, due opposte visioni

Lo storico Gruppo è un tipico esempio di proprietà diffusa: la capogruppo Tassullo s.p.a. ha 592 soci

Sul fallimento di Tassullo Materiali ci sono due opposte visioni. La prima si identifica nel severo giudizio del Tribunale, che ha considerato irreversibile la crisi dell’azienda. L’altra avrebbe invece confidato in suo rilancio, trainato dallo sfruttamento delle gallerie sotterranee.

Nel mezzo resta una profonda ferita, che lacera le speranze dei soci, insidia i posti di lavoro e soffoca le irripetibili peculiarità di questo storico Gruppo, che al 2014 contava 107 addetti. A rischio è un tipico esempio di proprietà diffusa: la capogruppo Tassullo s.p.a. ha 592 soci, con quote non superiori al 5%, e già questo spiega la sua popolarità. La catena di controllo comprende una dozzina di aziende; la principale, Tassullo Materiali, con 76 addetti distribuiti negli stabilimenti di Tassullo, Mollaro e Solferino, finisce nel vortice della crisi dell’edilizia, subendo una pesante caduta del fatturato che la porta al fallimento (la sentenza non è ancora definitiva); la continuità della produzione di materiali da costruzione è oggi affidata al curatore fallimentare. Ci sono poi Tassullo Beton, produttrice di calcestruzzo (che al 2014 contava 11 addetti); HD System (restauro storico conservativo, 3 addetti); CAE – Consorzio Alta Efficienza (celle ipogee, senza dipendenti) partecipata anche da ISA e Finanziaria Trentina, le quali, assieme a SEAC, sono presenti anche in DCT, nata per riconvertire le gallerie in siti per data center. Ci sono infine Tassullo Romania (17 addetti), Tassullo Energia e altre minori.

Si tratta dunque di un insieme poliedrico di attività interconnesse: dal sottosuolo si estrae la materia prima per la produzione edile e i vuoti di cava, invece di rimanere una ferita nascosta nelle viscere della terra, rivivono come bacini di raccolta dell’acqua per i Consorzi di miglioramento fondiario, come celle per lo stoccaggio delle mele e come ubicazione protetta per grandi data center. L’autoproduzione energetica completa la filiera.

L’intensa sinergia fra diversi settori di attività è feconda di benefici sociali. Oltre ai posti di lavoro, i più evidenti sono il recupero di risorse idriche, il risparmio di energia e di suolo, la qualità della conservazione delle mele (che pare eccellente), la diversificazione produttiva, l’azionariato collettivo e, non ultima, l’innovazione. Sotto l’impulso del centro di ricerca (scomparirà con il fallimento?), l’innovazione è stata la stella polare dell’azienda e ha coinvolto perfino il regime tavolare. Da qualche mese sulle gallerie della Tassullo è infatti iscritto un singolare diritto di superficie sotterraneo a durata illimitata, che scatta a 40 metri di profondità, facilitando gli investimenti di riutilizzo.

La Provincia ha creduto in questa esperienza, sostenendola nella sua unitarietà con svariati provvedimenti. Emblematica l’apposita modifica legislativa, introdotta nel 2012, che consente di realizzare nelle cave sotterranee «strutture destinate alla conservazione di prodotti agricoli o finalizzate ad altre attività». Importanti aiuti sono stati concessi alla ricerca sulle celle ipogee e al relativo investimento di Melinda, sancito da un accordo di programma fra tutti gli enti coinvolti.

La «filiera Tassullo» resta nel mirino dell’azione pubblica, pronta a sostenere un nuovo impegno imprenditoriale, come fanno intendere l’Assessore Olivi e un ordine del giorno unanime del Consiglio provinciale.

Ogni vicenda collettiva inciampa in passaggi critici che spesso si superano con l’unità d’intenti. Una virtù che anche in questo caso può smuovere qualcuno o qualcosa in grado di conservare al Trentino l’originalità, il potenziale innovativo e le opportunità di lavoro generate da questa sfortunata ma per molti versi straordinaria storia d’impresa. Speriamoci, uniti.

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