“Strumento di misericordia”

Il direttore: “Padre Fabrizio era uno che ha annullato se stesso per gli altri”. E i poliziotti lo sentono già santo

Sono stati i detenuti e gli operatori penitenziari di Spini di Gardolo, ai quali “ogni mattina portava un sorriso e un incoraggiamento”, a chiedere di poterlo salutare per l'ultima volta. E così mercoledì mattina il feretro è stato collocato davanti al crocifisso al centro della cappella in un’atmosfera raccolta, silenziosa, di preghiera e di dialoghi muti bagnati dalle lacrime. Un inconsueto “ritorno in carcere”, documentato dal nostro fotografo Gianni Zotta, al quale è stato concesso il permesso dal direttore della Casa Circondariale Marco Pappalardo: “Per me padre Fabrizio – ci ha testimoniato il direttore – era semplicemente uno che ha saputo annullare se stesso per gli altri. Con quel che ne consegue”.

Oltre ad alcuni familiari a questo momento hanno partecipato anche alcuni frati e volontari del carcere: tra loro anche Cristina e Shoma, volontari che ogni domenica affiancavano padre Fabrizio nella Messa e nei laboratori, come la realizzazione del presepe: “Questa mattina nella cappella del carcere abbiamo vissuto un momento di forte commozione: i detenuti si sono tutti raccolti in preghiera, anche mussulmani e di altre fedi religiose, insieme con il personale penitenziario. Li abbiamo confortati con un abbraccio uno ad uno, ricordando loro gli incoraggiamenti ricevuti da padre Fabrizio, che ripeteva di aggrapparci con corda doppia a Gesù e andare avanti a testa alta senza paura. Lui sarà sempre al nostro fianco”.  E concludono: “Ci ha insegnato a rimboccarci le maniche, a prenderci cura degli altri e ad asciugarci le lacrime dopo i momenti di tristezza, perché un mondo migliore è possibile”.

Un ex detenuto incontrando il vescovo in città gli ha confidato: “Per me padre Fabrizio è stato strumento di misericordia” e “questa misericordia – commentava in Duomo mons. Tisi – di volta in volta sapeva alternare i colori caldi della tenerezza, con quelli forti di chi guarda in faccia i problemi e cerca di risolverli. Una misericordia che investiva in fiducia e con stupore e gioia riusciva a trovare in ogni persona il tesoro del bello e del buono. E così sapeva essere vicino ai detenuti, come alla polizia penitenziaria e al personale del carcere”.

Anche i due poliziotti del carcere che hanno pregato per lui in Duomo – prima di portare a spalla la bara – hanno detto con commozione di aver trovato in lui “capacità di ascolto e luce nelle difficoltà”, tracce di una santità già riconosciuta col saluto finale: “grazie, san Fabrizio Forti!”.

Tra tante persone che dentro il carcere collaboravano ancora con padre Fabrizio anche Piergiorgio Bortolotti, già suo compagno di cammino per 10 anni al Punto d’Incontro: “Era una persona profondamente umana – ha detto a caldo a radio Trentino inBlu – ironica, divertente, di grande spessore. Sapeva guardare gli altri all’altezza degli occhi, senza porsi su un piedistallo. Sarà impossibile sostituirlo, ma dobbiamo cercare di mantenere gli impegni nelle attività che lui ha avviato a favore delle persone in difficoltà”.

Interviste raccolte da Antonella Carlin

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