Dalle cantine… a una cattedrale

La testimonianza di don Bepi Grosselli: “Tutto cominciò in sedi di fortuna”

E’ stata una grande festa quella che si è tenuta domenica 6 novembre mattina presso il CFP Enaip di Villazzano dove, alla presenza delle autorità, si sono ritrovati allievi ed insegnanti di ieri e di oggi per festeggiare i 50 anni di questa realtà scolastica che ha formato centinaia di giovani qualificati nel campo delle lavorazioni meccaniche, della riparazione di autoveicoli, dell’edilizia, dell’impiantistica elettrica ed elettronica. Nell’occasione è stato presentato il libro-ricerca “Il costruendo Trentino”, a cura di Verena Depaoli (testo e dvd).

Il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, ha ribadito l'importanza degli istituti professionali che insegnano l'arte del fare, offrendo, ha rimarcato Roberto De Laurentis, presidente dell'Associazione Artigiani, al mondo del lavoro professionisti preparati. Una scuola che, ha sottolineato il presidente dell’Enaip, Arrigo Dalfovo, ha sempre avuto un ruolo sociale oltre che educativo: le Acli fondarono l’Enaip nazionale nel 1953 con l’obiettivo di dare una “dote formativa” alle persone. Non a caso, ha ricordato Maria Cristina Bridi, direttrice dell’ente, queste scuole professionali sono state all’avanguardia nell’accoglienza di persone straniere. E oggi le aule dell’Enaip sono frequentate da una buona percentuale di stranieri provenienti da oltre 30 paesi diversi: una palestra di convivenza “forse un po’ complicata, ma necessaria per l’integrazione”.

In chiusura, il presidente della Giunta provinciale di Trento, Ugo Rossi, ha ribadito l'attenzione della Provincia sul rapporto tra scuola e lavoro, intendendo una scuola che, come l’Enaip ha fatto in questi anni, formi allo stesso tempo persone e professionisti.

Ma come iniziò la storia? Lo chiediamo a don Bepi Grosselli che, assieme a don Braito e a don Passerini, fu uno dei primi “catechisti circolanti” dell’Enaip.

Giorgio Fedrizzi, Ottorino Chizzola e don Rodolfo Pizzolli con alcuni maestri d'arte sentirono l'urgenza – dopo le macerie della guerra – di muoversi per “insegnare un mestiere ai figli della guerra”, cominciando dal capoluogo.

E cosa successe?

I maestri artigiani c'erano, le sedi si trovarono: nello scantinato della sede Acli di via S. Giovanni Bosco; in quello della misteriosa casa a lato (oggi sede di Vita Trentina), messa in opera da un misterioso corso muratori; in via Brigata Acqui; in via Madruzzo, al piano rialzato del Seminario minore; nonché in piazza Garzetti e in via Brennero e in altre botteghe artigiane (e non si parlava ancora di scuola-lavoro!).

E sul territorio?

La fantasia pionieristica non mancava neanche nelle valli: da Borgo Valsugana a Varone, dal Primiero a Rovereto. Onore e lode ai “santi fondatori”. Di seguito è venuta la grinta e la lungimiranza del presidente della Provincia Bruno Kessler, che fu capace di mettere in riga il Trentino anche in questo campo. Non a caso Verena Depaoli, che ha ricostruito la storia dell'Enaip, parla di “persone speciali”, di “uomini e donne semplici e umili, ma dalla volontà di ferro… a volte veri pionieri”.

Qualche aneddoto?

Per queste scuole non c'erano testi di religione adeguati alla cultura di questi futuri operai. Producemmo in proprio tre volumi: “Io Credo”, “Io Amo”, “Io Spero”, nonché uno specifico al femminile: “Le problematiche delle donne al lavoro”; testi inclini a privilegiare quella che allora si chiamava la “dottrina sociale” della Chiesa. L'intendimento era quello di comunicare e di far maturare una sensibilità sociale, utile a cittadini chiamati a far crescere in città e nelle valli la volontà di prendere in mano le cose, affinché “dal letame (fascista) nasca un fiore”.

E' stato così?

Molti ex allievi divennero animatori sociali, responsabili sindacali, volontari nei vari settori. Lo ha ricordato anche l’attuale presidente Enaip, Arrigo Dalfovo: “L’Enaip ha reso migliore il Trentino, curando il rapporto strategico scuola-lavoro-società”.

Da vecchio operatore ha qualche messaggio per l'oggi?

Per la verità ne ho due!

Il primo?

Dalfovo ha assicurato che l'Enaip lavorerà per rendere sempre più saldo il rapporto testa-mani; con altrettanta fermezza io proporrei di lavorare perché maturi sempre di più anche il rapporto “aula-piazza” (cioè scuola e vita sociale della comunità).

Il secondo?

Fin dal Medioevo la Chiesa europea forgiata da San Benedetto (il terremoto ha riproposto questo tema) si è presentata come organismo fondato sul lavoro e sullo spazio dato a Dio: “ora et labora”. Io penso che per salvare l'anima dell'Enaip occorra mettere in conto anche questo ingrediente vitale, lo ha ricordato anche il vicario diocesano, don Marco Saiani. Allora, viva il grande cantiere dell'Enaip come cattedra del lavoro professionale che fa sintesi fra teoria e prassi, ma che punta anche su questo obiettivo: essere la scuola che prepara nuove leve che, nel nome dell'uomo e di Cristo, lavorano sul territorio per la libertà, l'uguaglianza e la solidarietà fraterna.

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