Il segno “empatico” di Degasperi e Magnini

È aperta fino al 21 novembre alla Galleria d'arte Fogolino (a Trento in via SS. Trinità, 30) la mostra “Tracce”, promossa dal gruppo di artisti “La Cerchia”, con le opere di Bruno Degasperi e Silvio Magnini.

“Tracce” rimanda al gesto del tracciare un segno. Sgnare con una incisione o con un colore una superficie è un'azione che se si vuole è alla base dell'arte visiva e che rimanda anche al modo di operare di entrambi gli artisti. In particolare penso alla componente del disegnare che è fondamentale in Degasperi, che in qualche modo viene prima del dipingere e che ne costituisce la base imprescindibile; con un segno che a volte pare inciso, nella cui esecuzione c'è tutto il piacere di segnare la superficie ma anche per un certo modo di stendere il colore dove questo diventa impronta, traccia, venatura, quasi a voler segnare ed evocare la rugosità di una superficie. Il tutto inserito in una ben precisa griglia compositiva volta a definire luoghi dove il segno possa muoversi più libero, in una trama più fitta e incalzante, e altri che per contrasto sono definiti da stesure più larghe e relativamente uniformi.

In Magnini quello che notiamo subito è la dinamicità del segno: basta guardare il ritmo mosso, fatto di accelerazioni e abbreviazioni, di una incisione come “Il cavaliere”. Così la pennellata, pur nel suo articolarsi in figura, tende a farsi più macchia, indizio, sintomo di urgenza. Da questo punto di vista, qui è il colore che, tra scarti e rincorse, si assume il compito di definire la forma. Ne risulta un segno che reca sempre traccia del gesto in tuta la sua intensità emotiva, così da farlo rivivere in maniera quasi empatica nello spettatore nel momento in cui osserva l'immagine.

Adriano Fracalossi

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