Degasperi, “europeo della prima ora”

La visita ha avuto uno strascico polemico a causa delle cerimonie di accoglienza

Bolzano – Alcide Degasperi “europeo della prima ora”. La definizione, per la verità non troppo originale (ma in Alto Adige nulla è scontato), è di Jean Claude Juncker. Il presidente della Commissione europea è giunto nel capoluogo altoatesino venerdì 18 novembre, in occasione di uno dei convegni organizzati per celebrare i 70 anni della firma dell’Accordo di Parigi, in calce al quale si trova la firma, appunto, dello statista trentino, accanto a quella del ministro austriaco Karl Gruber.

Una visita con strascico polemico a causa delle cerimonie di accoglienza, affidate ai riti della tradizione (fucili e grappino) anziché al protocollo di Stato. Malgrado tutto il lussemburghese, forse riferendosi ad altro, “apprezza il buon senso” degli altoatesini/sudtirolesi. Ama parlare “con le persone che fanno esperienza del confine”. In Alto Adige, dice, c’è un bel po’ di Europa. Intervenendo nell’Aula magna della Libera Università di Bolzano, davanti a un pubblico attento e qualificato, dopo gli interventi di cinque giuristi (Walter Obwexer, Christina Binder, Antonio D’Atena, Helmut Tichy e Jens Woelk: si parla molto di tutela delle minoranze e poco, quasi nulla, di convivenza tra lingue e culture…), ribadisce che l’Alto Adige è un modello, a livello mondiale, anche per la sua lunga storia di riconciliazione e per l’identità vissuta in tre dimensioni: quella altoatesina/sudtirolese, quella italiana e quella europea. Affermazione azzardata che non tutti hanno colto davvero. Ricorda pure che la dimensione regionale è elemento centrale in Europa e che l’Unione non funziona senza applicare seriamente il principio di sussidiarietà. Oltre ai livelli di Stato e Regione, che devono respirare assieme, va data la massima attenzione al Comune (erano presenti un centinaio di sindaci), l’istanza più vicina al cittadino.

Che cosa fa la Commissione europea? Il Presidente spiega che il punto critico nella costruzione dell’Unione è stato la distanza tra la politica europea e i cittadini. L’Europa diventa spesso il capro espiatorio per le cose che non funzionano (“Se qualcosa va bene è merito dei governi nazionali, se qualcosa va male è colpa dell’Europa…”). Quanto ai compiti attuali della Commissione, essa “deve occuparsi dei grandi temi dei nostri tempi”. Evitare di “essere grande nelle cose piccole e piccola in quelle grandi, come accaduto a volte in passato”. A tale proposito Juncker ricorda che l’Europa deve essere espressione del dialogo fra sovranità e solidarietà e che la sovranità va condivisa ai vari livelli, senza fermarsi al piano esclusivamente nazionale.

Parla ancora di una credibilità europea da recuperare: le misure che si deliberano devono poi essere concretamente attuate. Ritorna sull’importanza di una strategia dell’Unione nell’ottica di una politica estera e della difesa unitaria. Ciò significa unire le forze per una maggiore integrazione dei Paesi membri nel settore della sicurezza (“In confronto alla difesa europea, un pollaio è una formazione di battaglia compatta…”).

Rispetto ai migranti ripete che servono solidarietà condivisa, capacità di unità e accoglienza: “Mi disturba molto quando sento un premier affermare che non vuole vedere neri e musulmani nel proprio Paese: questo non ha nulla a che fare con l’Europa”. Italia e Grecia non possono essere lasciate sole: l’Italia sta facendo sforzi enormi e lavora bene, ma gli altri Paesi devono fare la loro parte. Sul terremoto: la ricostruzione è anche un compito europeo.

L’Europa dunque, guardando al contesto mondiale, è ancora attuale? “Finché ogni giorno 25mila bambini continueranno a morire di fame, l’Europa non avrà esaurito il suo compito”.

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