Il calore di casa

Sull’Altopiano di Lavarone arrivano 24 richiedenti asilo. E la comunità si conferma aperta all’accoglienza. A dispetto dell’esecrabile attentato della scorsa settimana

Sull’Altopiano la nebbia mattutina si alza dai prati umidi di pioggia e si dirada aprendo squarci di sereno. E porta via con sé, insieme alle ombre della notte, altre ombre. La ferita dell’attentato che poco più di una settimana fa, il 15 novembre, ha danneggiato il portone d’ingresso della casa delle suore terziarie francescane elisabettine di Padova in località Gionghi, destinato ad accogliere un gruppo di richiedenti asilo prima temporaneamente accolte nella struttura della Protezione Civile a Marco di Rovereto, è ancora fresca, fa ancora male. Ma l’idea che ci possa essere qualcuno capace di rispondere con azioni violente a paure forse comprensibili, ma mai giustificabili, ancora turba e disturba. Per questo ha fatto piacere, alle 24 giovani donne – 23 nigeriane e una senegalese – giunte a Lavarone la mattina di lunedì 21 novembre e a chi ha avuto dalle istituzioni pubbliche il compito di occuparsi della loro accoglienza (la cooperativa Punto d’Approdo di Rovereto, che vanta una storia decennale nell’accoglienza al femminile), l’abbraccio della comunità dell’Altopiano. Accanto agli operatori della cooperativa e ai volontari della Croce Rossa, che come segno di ospitalità hanno preparato il pranzo, a dare il benvenuto c’erano il sindaco di Lavarone Isacco Corradi, il sindaco di Folgaria Walter Forrer, la Presidente della Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri Nicoletta Carbonari, Ivana Riccadonna per il Cinformi della Provincia Autonoma di Trento, la Superiora suor Sandra Benfatto, il parroco don Piergiorgio Malacarne, il direttore di Punto d’Approdo Andrea Gentilini. Nel pomeriggio nella struttura si sono recati, per una visita informale, anche i Carabinieri di Lavarone e alcuni ragazzi del posto che hanno voluto portare il loro saluto. Nelle parole di tutti, l’importanza di esprimere un’accoglienza capace di comprendere, prima di tutto, il drammatico vissuto dalle persone ospitate e di rendere questa esperienza un’opportunità di crescita reciproca. Un orientamento che, come è stato sottolineato da tutti, si è già tradotto in una particolare disponibilità delle associazioni nel contribuire a dare vita a percorsi di dialogo, incontro e conoscenza reciproca. Le giovani saranno inserite in un progetto di integrazione che prevede un percorso di formazione non solo linguistica e culturale e di cura della casa, ma anche lavorativa.

“Abbiamo avuto degli attestati straordinari dalla comunità dell’Altopiano”, riconosce Andrea Gentilini, direttore della cooperativa Punto d’Approdo. “C’è stato un abbraccio della comunità straordinario“. Quello che Gentilini definisce “il brutto fatto dell’attentato” si è rivelato “un boomerang”: “Ha fatto rinsaldare la comunità, che si è ritrovata solidale nell’accogliere queste giovani. Tanto che lo stesso sindaco, Isacco Corradi, ci ha detto di essere quasi stato costretto a frenare i suoi concittadini, che volevano essere tutti qui, lunedì scorso, per accoglierle”. Ma l’abbraccio della comunità è comunque “arrivato” alle donne migranti. “La risposta della comunità è stata di segno opposto a quel piccolo attentato, che è stato un gesto fine a se stesso”, conferma ai microfoni di radio Trentino inBlu il parroco di Lavarone, don Piergiorgio Malacarne. “Ho sentito la reazione della comunità, che dice: ‘Possibile che noi che siamo sempre stati accolti, che siamo stati profughi, durante la guerra…’. Ora si tratta non solo di accogliere, ma di far sì che queste giovani si sentano realizzate, sentano che possono riprendere in mano la loro vita”.

Che l'accoglienza sia nel Dna della gente dell'Altopiano lo ribadisce il Comitato Locale della Croce Rossa Italiana, i cui volontari e volontarie si sono prestati con generosità per offrire una prima testimonianza di accoglienza, preparando il pranzo e scambiando qualche parola all'arrivo delle giovani alla casa delle suore elisabettine. Condannando l’atto intimidatorio che ha preso di mira la residenza dove sarebbero state accolte le richiedenti protezione internazionale (“azioni non appartengono alla cultura dei nostri cittadini”), la Cri dell’Altopiano ha ribadito la disponibilità ad accogliere “in sincero spirito di amicizia le donne migranti” per favorire “l’integrazione e il loro inserimento nel tessuto sociale”.

L'aveva detto l'assessore provinciale Luca Zeni, all’indomani dell'attentato a Lavarone: “Se qualcuno vuole fomentare la tensione strumentalizzando l’arrivo in Trentino di queste persone, magari prendendo ad esempio qualche episodio davvero triste verificatosi altrove, e di nuovo, come a Soraga, nascondendosi dietro l’anonimato, ha sbagliato strada. Il Trentino dell’Autonomia è altra cosa”.

“Quello che adesso ci prefiggiamo è di operare con tranquillità, per restituire serenità a queste ragazze, che si stanno già impegnando nelle attività di gestione della casa – conclude Gentilini – e di proseguire in questo progetto di accoglienza che è molto articolato. Ripeto, il gesto, odioso, si è rivelato un boomerang: ha cementato ancora di più la comunità nel sostegno a questa azione di accoglienza”. L’obiettivo, a Lavarone così come in tutte le località dove sono alloggiati i profughi, è rendere l’accoglienza in Trentino un’opportunità per il territorio, superando timori e pregiudizi.

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