“L’arte che si incarna”

Mezzo milione di visitatori a Roma per l'esposizione dei suoi grandi alberi “Non se l'aspettava nessuno”. “Sono un artigiano che si concede qualche spazio di libertà. L'arte è come la maternità”. “Se hai l'umiltà di guardare diventi artista per forza”]

«Incomparable!». Settimo Tamanini, in arte Mastro 7, è tornato da Roma con tre volumi zeppi di firme e commenti, in tutte le lingue, sulla mostra evento “Laudato si'. Alle radici della vita”, ospitata nell'anno giubilare a Roma in Sant'Ignazio di Loyola. Tra le navate otto sue opere scultoree, alberi per lo più in rame soffiato, davvero straordinari per bellezza e dimensione, fino ai sette metri di altezza, in dialogo con le volte affrescate dal trentino Andrea Pozzo.

Soddisfazione inattesa, Mastro 7?

Anche i gesuiti non se l'aspettavano: hanno visitato l'esposizione oltre cinquecentomila persone. Quella parola francese sintetizza tutti gli apprezzamenti ricevuti. Merito anche dell'installazione, soprattutto per l'efficacia della luce.

Prima chiave di lettura del successo?

«Ci vuole l'umiltà di accettare le cose improvvise. Avevo incontrato il gesuita e artista Padre Federico Pelico con cui avevo già collaborato. Lui si è ricordato di me, dei miei alberi realizzati tra il 2000 e il 2006 e da qui è nata da una sua proposta. Ma ognuno viene da una storia. Quando uno segue una retta via, come diceva mio padre, arrivano i risultati».

Non furono causali quegli alberi. La scintilla?

Come orafo ho fatto una scelta profonda nel 2000. Il vescovo Bressan, arrivato da poco a Trento, aveva proposto un corso di arte sacra. Io l'ho frequentato a 57 anni e ho capito il patrimonio di simbolismo di santa madre Chiesa che è l'unica che ha tramandato i simboli potenti della storia dell'umanità. L'uomo, più si allontana dalla Natura, più impazzisce.

Ma c'è qualcosa di più profondo e legato alla sua formazione precedente?

Ho avuto la fortuna di nascere in clima di fame, con la voglia di ricostruire. E con un retaggio religioso molto evidente. Altra fortuna: mi sono letto la Bibbia dopo il Concilio. Appena aperta vi ho trovato questa frase: “Guarda: quando il fico mette a foglia l'estate è vicina”

Il fico è uno dei suoi sette alberi, detti le Grandi Madri, a cui ha aggiunto l'ottavo, il roveto ardente. Ci conduce alla loro scoperta per chi non c'era alla mostra romana?

Mi sono ispirato alla Palestina a cui siamo debitori per la nostra storia. Il mandorlo indica lo stupore del risveglio. Il melo: conoscenza del bene e del male, partendo però dal cantico dei cantici. Il fico, ovvero l'accoglienza, perché mi ricorda il ritorno da un periodo di lavoro a Milano. Ho ritrovato l'albero di casa e il pensiero è andato a mia madre. Alla mamma che dopo la guerra prendeva la bicicletta e nonostante le illazioni lei, donna libera, vendeva in piazza Garzetti i nostri frutti del fico. Il melograno è l'albero della benedizione divina: Davide l'ha scelto come simbolo di potenza. L'olivo richiama il Getsemani e rappresenta la madre ripiegata su se stessa: conosceva già, all'atto del concepimento, il destino del Figlio. Il Castagno rappresenta la generosità e ricorda mia nonna. La vite, la gioia, è il passaggio tra l'Antico e il Nuovo Testamento. L'ottavo albero è il roveto ardente, il luogo dell'incontro tra Dio e Mosè.

Il Giubileo vissuto in questo modo che segno ha lasciato in lei?

Duemila persone al giorno varcavano la porta di quella chiesa. Dietro la porta non sapevano cosa incontravano. Noi abbiamo bisogno di scardinare le abitudini, andando verso l'ignoto.

L’artista apre porte?

Viene abusata la parola artista. Io sono prima artigiano, poi mi sono ritagliato i miei spazi in cui sono libero, senza essere condizionato dal mercato. Ritrovi il tempo ancestrale che si dilata. E' come una maternità, in cui una donna vive il proprio tempo creativo. L'artista vero richiama il poeta e il profeta. Ma se hai l'umiltà di guardare diventi artista per forza.

Sogno di bambino?

L'incubo direi, visto che sono nato sotto i bombardamenti. Il mio padrino morì sotto le bombe del 2 settembre '43. Io ho sempre avuto il terrore della guerra. In casa se ne parlava spesso. MI sembra di sentire mia madre Mi ha salvato mio padre che mi portava in chiesa a Mattarello. E lì sono rimasto affascinato dalle pitture. Una mia bisnonna era cesellatrice.

La sua scultura non è fatta per sottrazione ma nasce dal di dentro. Prova a spiegarcela?

Nasce così, si amplia e non ha limiti. E' come un pneuma, c'è il soffio dell'ossigeno, la ruah che fa scorrere il pensiero profondo: nella materia c'è il DNA del creatore, la materia ci parla, anche con le sue colorazioni stupende e impensabili. In effetti sono pochi gli artisti che lavorano con la mia tecnica, il rame soffiato.

I suoi figli l'hanno seguita sul fronte artigianale non su quello artistico…

Gianfranco fa il gemmologo e ha superato il padre. Luca ha in mano la gestione dell'azienda, che è fondamentale.

A microfoni spenti ha suggerito la sua nuova sfida: leggere di più la realtà. Ad esempio?

Per cominciare rientro alle dimensioni umane dopo aver trovato il mio paradiso terrestre. L'ultimo lavoro si intitola “Migrantes”. Credo che oggi non possiamo guardare la TV e nel mentre mangiarci un gelato. L'artista prende la materia e tira fuori anche questi drammi. Perché l'arte deve essere vera, incarnarsi nella realtà e dire qualcosa non solo per il mercato.

Tra gli ospiti illustri della sua mostra anche il cardinale Gianfranco Ravasi, massima autorità della cultura vaticana, il quale ha insistito perché l'evento venisse prorogato fino a novembre. Il suo commento?

Mi porto dentro la sua riflessione che mi piace estendere: Abbiamo corso tutti tanto e ora dobbiamo soffermarci un attimo affinché l'anima ci raggiunga”.

[Migrantes. Quando l’arte racconta la realtà: due donne, una con le braccia sollevate e il vestito strappato e una china nel gesto di abbandono. Accanto un bambino, che lotta tra i flutti del mare. È l'ultima opera di Mastro7, ispirata al dramma dei migranti.

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