La guerra che verrà

Osservatori internazionali ed esperti di tecnologie militari stanno sempre più rilevando una progressiva accelerazione verso la fabbricazione di “Lethal Autonomous Weapon Systems” (LAWS). Tale strumento, pur se non ancora pienamente operativo e pur se stimolato dagli Stati che li stanno sviluppando con la motivazione di proteggere le rispettive popolazioni ed integrità territoriali, in effetti, rappresenta un progresso tecnologico avanzato volto a ricercare e consolidare solo i propri interessi economici e geostrategici. Il problema che per essi, però, si pone è la loro collocazione in rapporto al diritto internazionale umanitario.

Lo stato dell’arte della ricerca nel campo di queste armi sofisticate e sul dibattito intorno ai problemi – giuridici, morali, politici – posti dal loro utilizzo è nel saggio di Juan Carlos Rossi, ricercatore e collaboratore di Archivio Disarmo, dal titolo “La guerra che verrà: le armi autonome”, pubblicato sul Sistema informativo a schede (SIS) n. 11/2016, mensile dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (si veda www.archiviodisarmo.it). “Sembra ineludibile – scrive Rossi – la tendenza verso una robotica completamente autonoma, considerata anche la facilità e l’economicità della costruzione di tali armi”. Già diversi Paesi si stanno muovendo per la loro adozione.

Il rischio di un’eventuale proliferazione di tali sistemi è che finiscano in mano a Paesi “non vocazionalmente pacifisti” oppure a gruppi terroristici. Ed è più che mai aperto il dibattito intorno alla capacità delle armi autonome di operare “un’efficace distinzione tra obiettivi civili e militari”. In molti eventi in cui i droni sono stati impiegati su vasta scala (nello Yemen, in Afghanistan e in Somalia), sottolinea lo studio, vi sono state molte vittime civili.

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