Porfido, si discute la nuova legge

Cava di porfido
Il rilancio della filiera del porfido potrebbe passare da una nuova normativa chiamata a disciplinare in modo nuovo e puntuale l’articolato e complesso settore estrattivo. È iniziata in questi gironi nell’aula del consiglio provinciale la discussione del disegno di legge “Olivi-Viola” chiamato a modificare in più punti la legge di settore n. 7 del 2006.

Sin dallo scorso novembre la seconda commissione dell’assemblea provinciale aveva esaminato sia le proposte dell’assessore allo sviluppo economico e lavoro Alessandro Olivi, sia del consigliere di minoranza Walter Viola, cercando una non facile sintesi tra istanze dei comuni, dei rappresentanti sindacali di categoria e degli stessi concessionari dei lotti cave.

Nei giorni scorsi prima i sindaci dei sette comuni del distretto del porfido (Albiano, Baselga, Capriana, Cembra, Fornace, Giovo e Lona Lases) quindi le minoranze provinciali (che in aula hanno presentato oltre 400 emendamenti) hanno evidenziato lacune e difficoltà applicative del nuovo articolato normativo, difeso invece da sindacati e lavoratori.

“Le polemiche e le prese di posizione delle amministrazioni comunali e di alcuni gruppi politici di minoranza sono la dimostrazione che la riforma del porfido va nella direzione giusta”, hanno spiegato Maurizio Zabbeni di Fillea Cgil Fabrizio Bignotti di Filca Cisl in un’affollata assemblea tenuta ad inizio settimana ad Albiano. “La riforma prova a scardinare un sistema distorto, governato dagli interessi dei cavatori che, complice anche l’inerzia dei comuni, hanno agito sulla pelle dei lavoratori. Le previsioni normative vincolano sia le concessioni vigenti sia le future concessioni affidate con gara pubblica”.

A soddisfare i sindacati in particolare il recepimento della richiesta di inserire nei bandi per le concessioni la “clausola sociale” e il pagamento diretto dei lavoratori con obbligo di fidejussione, tutelando occupazione e retribuzioni nella stessa concessione e sulla base del contratto nazionale. Altro punto centrale per i sindacati trentini è il nuovo sistema dei controlli, con la provincia che potrà intervenire a fronte all’inerzia dei comuni, affidando al Servizio Lavoro provinciale la vigilanza sulla corresponsione delle retribuzioni.

“Il mancato rispetto del piano d’occupazione fissato nel disciplinare di gara determina la revoca della concessione – hanno rimarcato Zabbeni e Bignotti – il mantenimento dei livelli occupazionali è fissato in modo perentorio a pena della revoca della concessione, disposta anche se l’attività di cava diventa pericolosa per salute e sicurezza dei lavoratori”.

La legge fissa in 18 anni la durata massima delle concessioni e pone un rigoroso limite alla “vendita del tout-venant” (roccia grezza non lavorata). “Il concessionario sarà responsabile di tutte le fasi della lavorazione – hanno precisato i sindacati – una responsabilità contributiva e retributiva che vale anche per le concessioni vigenti. Chi appalta parte delle lavorazioni sarà responsabile dell’intera filiera, riducendo lavoro nero e le finte partite Iva”.

Se il disegno di legge introduce anche il “marchio di qualità” ed un registro delle imprese, favorendo controllo e certificazione, sindacati e lavoratori sindacati intendono difendere sino in fondo la riforma anche con la loro presenza durante i lavori del consiglio provinciale.

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