Bambini, non schiavi

Istituita da Papa Francesco nel 2015. Molte le iniziative promosse in Italia. Le religiose in prima linea

(Sir) – Lo scorso 8 febbraio nelle Chiese di tutto il mondo si è celebrata la terza edizione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta, istituita da Papa Francesco nel 2015 su richiesta delle religiose. La data dell’8 febbraio è stata scelta perché si celebra santa Bakhita, la giovane africana che ha vissuto le sofferenze della schiavitù.

Il tema di quest’anno – “Sono bambini! Non schiavi” – ha voluto puntare l’attenzione su 30 milioni di bambini nel mondo, di cui il 68% in Africa, vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, lavorativo, servitù domestica, traffico di organi, pratiche criminali.

Contro la tratta sono impegnate a 360 gradi con le unità di strada, le comunità di accoglienza protette, progetti di sensibilizzazione e reinserimento in Italia e nei Paesi di origine le religiose italiane, in rete da 20 anni per dare un futuro di lavoro e integrazione a 6.000 donne, tolte dalla strada e dallo sfruttamento. “Abbiamo incontrato il Papa nel settembre 2014, eravamo quattro suore in rappresentanza delle nostre realtà – racconta suor Eugenia Bonetti, presidente di “Slaves no more”, a nome della rete di religiose “Thalita Kum”-. Avevamo il desiderio di sensibilizzare la Chiesa a tutti i livelli, dalle comunità parrocchiali alle Conferenze episcopali. Papa Francesco è rimasto colpito da questa nostra richiesta. Dopo un po’ di tempo ci è arrivata la risposta positiva dal Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin e si è messo in moto il meccanismo. Non ci interessano i grandi convegni, bisogna andare a toccare le radici del problema: parlare con le comunità parrocchiali, con gli insegnanti, con le famiglie, con tutti coloro che possono avere contatti con questa realtà e hanno bisogno di essere informati”.

Informazione e sensibilizzazione sono le priorità. “Le parrocchie possono fare molto, anche perché il 90% dei clienti sono cattolici – afferma -. Non dico praticanti, ma sono cresciuti in una cultura cattolica. Dobbiamo far emergere i problemi che stanno distruggendo le famiglie”. “Se riusciamo a fare in modo che tutte le parrocchie diventino sensibili potremo arrivare ad un vero cambiamento di mentalità. Perché il problema è culturale: sempre più gente pensa che si possa comprare tutto, anche il corpo di una persona. Ma nel 2017 non possiamo più tollerare che esista la tratta di esseri umani! È una vergogna!”. Il focus sul “cliente” è dunque fondamentale: “Bisogna far capire che anche chi cerca sesso a pagamento è uno schiavo, perché diventa una dipendenza, come il gioco d’azzardo. Dobbiamo lavorare tantissimo per creare una cultura del rispetto. E far capire che non è lecito, perché queste donne sono schiave. C’è ancora pochissima informazione, molta gente non sa nulla e ha voglia di capire cosa sta capitando”.

In Italia 12 mila ragazze nigeriane minorenni. L’accento di quest’anno sul tema dei minori non è causale, nemmeno per la realtà italiana. Nel 2016 i minori migranti non accompagnati hanno raggiunto la cifra mai vista di 26 mila. “È un grosso problema – spiega la religiosa -. Negli ultimi mesi sono arrivate circa 12mila ragazze nigeriane. Sono tutte minorenni, analfabete e spesso incinte. Le scelgono nei villaggi, dove c’è minore istruzione e le legano a loro con i riti vudu. I trafficanti sono oramai organizzatissimi. Allora noi dobbiamo essere altrettanto organizzate, per lavorare in rete con le comunità, le scuole, i media, le istituzioni, le Conferenze episcopali”. Le ragazze vengono accolte nei centri di prima accoglienza o nei centri Sprar, dove iniziano il lungo iter per la richiesta d’asilo. “Hanno tutte un telefonino. Dopo poco tempo spariscono e si affidano ai trafficanti – rivela -. Oppure le prelevano al mattino e le riportano la sera nei centri, per cui alla fine diventano una sorta di bed & breakfast. Ma così non va bene. Hanno in mano il documento di richiedenti asilo, quindi le forze dell’ordine non possono portarle via dalla strada. Bisogna trovare delle soluzioni e capire come fare per bloccarle nei Paesi di origine, prima che partano. Stanno distruggendo una generazione di donne, famiglie e una intera società”.

Suor Eugenia mette in evidenza, tra l’altro, la scarsità di unità di strada per avvicinare le ragazze e convincerle a denunciare gli sfruttatori e rifarsi una vita. “Ci sono associazioni che ricevono finanziamenti pubblici e lavorano in strada giorno e notte – spiega – ma servono persone preparate bene, che siano capaci di offrire opportunità e luoghi protetti a queste ragazze. Purtroppo moltissime non hanno strumenti culturali per capire che possono aspirare ad una vita migliore. E poi sono terrorizzate dai riti vudu a cui sono state sottoposte. C’è tanto lavoro da fare, sia qui sia nei Paesi di origine”. In Nigeria, ad esempio, dove è tornata di recente dopo tanti anni, ha trovato la situazione peggiorata, con maggiore povertà diffusa. “Il Paese è ricco ma la ricchezza è in mano a pochi. Anche lì c’è da lavorare nelle scuole e nelle parrocchie per dire alle persone cosa capita alle loro figlie”.

“È una sfida grande, su cui il Papa sta insistendo molto, ci sentiamo appoggiate”, confida suor Bonetti, spesso invitata a parlare ai convegni internazionali organizzati dalla Pontificia Accademia delle Scienze: “Per noi Papa Francesco è un grande alleato nella battaglia contro queste nuove forme di schiavitù. Dobbiamo dire ‘Mai più schiavi’ e spezzare il circolo vizioso della tratta dando accoglienza, legalità e inclusione”.

Patrizia Caiffa

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