Pieve di Bono, iniziate le serate relative al censimento delle opere del primo conflitto mondiale

Ricovero per le truppe nei pressi di Agrone
Un crescente interesse per la “geografia” bellica che “segna” tuttora i territori del Chiese e di altre valli del Trentino. Lo ha dimostrato la grande presenza di pubbluco che, sabato scorso, ha affollato la sala-teatro del paese di Agrone nella Pieve di Bono, in occasione della prima presentazione, curata da Francesco Bologni e Massimo Parolari – tra i soci e fondatori del Museo della Guerra di Bersone – dei risultati più recenti intorno al censimento delle opere campali riferite al primo conflitto mondiale.
I due giovani ricercatori che si definiscono essenzialmente come “appassionati di storia locale” e in particolare dei luoghi fisici tuttora presenti, della storia bellica in Valle del Chiese” hanno partecipato, con altri 16 volontari, dal 2009 al 2011, alle attività di rilevazione secondo il progetto Grande Guerra, promosso dalla Provincia Autonoma di Trento attraverso la Soprintendenza ai beni Architettonici (ora Beni Culturali ndr).Il progetto prende abbrivio, com’è noto, dalla legge 1/2003 della PAT che reca disposizioni in materia di beni culturali. Per quanto riguarda le opere e i manufatti bellici, la legge in questione si pone “l’obiettivo di contribuire al recupero e conservazione della memoria della Grande Guerra nel Trentino, promuovendo la conoscenza, la salvaguardia, il recupero, la conservazione materiale, la tutela e la valorizzazione delle testimonianze storico-culturali della Grande Guerra”.

Un obiettivo indubbiamente ‘sfidante’ come si dice, complesso ed ambizioso. Il primo passo del progetto doveva essere quello di rilevare, monitorare, censire le opere campali, i manufatti. La sua attuazione è stata affidata per la Valle del Chiese ma anche per il resto delle Giudicarie all’Ecomuseo Valle del Chiese che si è fatto carico, prima con Roberto Panelatti, poi con l’attuale presidente Maddalena Pellizzari, della operatività concreta sul territorio, dalle rilevazioni alla sistemazione delle opere (con l’apporto finanziario della PAT) sino alla “restituzione” in termini di informazione e cultura al territorio.

Nel corso del censimento, in valle del Chiese sono state scattate 12.146 fotografie di trincee, gallerie, piazzole, fortezze, sono stati realizzati 4.675 punti GPS, essenziali per la costruzione, tuttora in atto della cartografia digitale da parte dell’Ecomuseo. Sono stati individuati e censiti 103 siti di notevole interesse e sono state redatte, infine, 1.932 schede cartacee identificative dei luoghi.

Per Bologni e Parolari il lavoro condotto come volontari appassionati della ricerca storica locale e del territorio è un tutt’uno con il “rispetto dei luoghi”, è, dicono, uno “scavare nella storia che vorremmo diventasse sempre più attività divulgativa”. Sono molti i riscontri positivi che i due ricercatori hanno avuto in questi anni, supportati anche dall’Ecomuseo, frutto soprattutto delle centinaia di chilometri percorsi alla ricerca di reperti e di luoghi evocanti il periodo bellico.

Il lungo lavoro di scavo e ricerca si è tradotto in reperti consegnati al Museo di Bersone ed in luoghi debitamente classificati. “Siamo in un momento nel quale si avverte un crescente interesse anche nelle nuove generazioni, sia rispetto agli spazi museali sia alla figura del ‘recuperante moderno’, che per noi significa etico e divulgatore, non altro”, spiega con entusiasmo Francesco Bologni.

La più recente idea, condivisa anche dall’Ecomuseo e dalla presidente Pellizzari in particolare, è quella di portare in tutti i Comuni del Chiese e successivamente nel resto delle Giudicarie la presentazione del materiale reperito, delle immagini della storia bellica rivisitata del territorio ed anche capitoli dedicati alle opere campali che tuttora si trovano nei pressi delle località ove si svolgeranno le prossime serate divulgative.

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