La santa e i demoni di oggi

Nella festa ladina sul colle di Santa Giuliana un forte richiamo d'attualità contro le seduzioni dell'egoismo e del materialismo

Vigo di Fassa, 16 febbraio 2017 – La santa che incatena il diavolo, l'avversario di sempre, si fa incontrare da secoli a metà febbraio, affrescata nel ciclo cinquecentesco all'interno del santuario che domina la valle di Fassa. Ancora oggi la patrona Giuliana, martire attorno all'anno 305, mette in guardia i fassani – convenuti numerosi anche quest'anno da tutta la valle – dalle seduzioni che dividono.

“Spronati dalla testimonianza di Santa Giuliana siamo chiamati anche noi a incatenare il male” – attualizza nella sua vibrante omelia il parroco di Vigo don Andrea Malfatti, che individua quattro demoni. L'egoismo, in primo luogo, che “impoverisce i nostri paesi e comunità di quello spirito cooperativo e di vita che nasce dal Vangelo e che ha alimentato le nostre valli”. Poi c'è da incatenare il materialismo: “siamo troppo concentrati sui guadagni, sui soldi, sul successo, sul numero di passaggi turistici, sui beni materiali che stanno disumanizzando la nostra vita, le nostre relazioni e le nostre famiglie”. Terzo demone è il razzismo, mentre come cristiani “dobbiamo distruggere i muri di separazione e costruire ponti, per dar vita ad una cultura di rispettosa accoglienza e fiducia vedendo nell'altro il volto del Cristo”. E infine il demone di “un'ideologia antifamiliare dalle molte forme”, mentre “siamo chiamati a ribadire la priorità sociale ed ecclesiale della famiglia fondata sul matrimonio delle diversità tra uomo e donna, aperti alla vita e al futuro”.

Un programma spirituale e sociale, suggellato dall'antico inno eseguito ad una voce dal coro interparrocchiale: “Santa Giuliana, antica speme, la val di Fassa si affida a te”. Un impegno personale e comunitario che trova eco nelle preghiere dei fedeli pronunciate in ladino, in forma confidenziale: “Scouteme, Signore Dio” per l'attenzione ai poveri, alle famiglie, alle vocazioni religiose, all'apertura alla vita. Per Santa Giuliana, con i suoi grostoli della tradizione all'uscita, la valle mescola le voci, i gonfaloni dei gruppi bandistici e folk, alcuni sindaci, fra i quali quello di Vigo, Leopoldo Rizzi, che ribadisce: “Questa festa afferma un'unità spirituale che deve legare anche le nostre amministrazioni”.

Un richiamo al passato è offerto dalla testimonianza di don Cornelio Cristel, arrivato qui 36 anni fa come parroco e tornato oggi a 18 anni dal suo congedo, che concelebra assieme a don Erminio Vanzetta, padre Luciano Mainini, padre Felice Noè ed il decano della valle di Fassa, don Mario Bravin. E' lui a provvedere ad un gesto simbolico, nel segno del servizio: la preparazione dell'altare, sul quale si rinnoverà l'Eucaristia come avviene da 500 anni.

Tanti ne sono passati da quando lo scultore della bottega bolzanina Joerg Arzt concludeva questo capolavoro gotico – tra le più importanti sculture lignee delle chiese trentine – che oggi viene benedetto e incensato con la dovuta solennità. Dopo alterne vicende storiche e qualche manomissione si presenta infatti nel suo primitivo splendore grazie a interventi finiti nel 2009 ed ora completati con la collocazione dei busti di due profeti, realizzati dagli studenti del locale Liceo Artistico “Soraperra”. Un contributo dei giovani apprendisti scultori di oggi alla sapiente tradizione artistica del passato, un segno di continuità eseguito “a regola d'arte” come afferma la Sorastant della scuola fassana, Mirella Florian.

Questo “Progetto Santa Giuliana”, appoggiato dalla Soprintendenza dei beni culturali della Provincia, s'abbina alla crescente valorizzazione del santuario sul dosso del Ciaslir, che già da qualche estate alla domenica è meta di apprezzate visite guidate. E la fresca mostra dei lavori realizzati dai ragazzi delle scuole elementari conferma quest'impegno. Nelle prossime settimane altre iniziative pastorali riporteranno Santa Giuliana al centro dell'attenzione dei fassani, rilanciando quegli stimoli d'attualità che la festa ha diffuso lontano, come gli schiocchi di frusta (in ladino “paicin”) che il neocostituito gruppo di schioccatori fassani ha eseguito nell'occasione. “Un tempo per questa sagra si sentivano sparare i mortai” – ricorda Fabio Chiocchetti, direttore dell'Istituto Ladino – ed oggi quei suoni forse vengono richiamati grazie ai colpi di questi paicinadores”.

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